Per me eri Silent Hill

silent hill

Stamattina come ogni giorno dopo colazione ho guardato fuori dalla finestra, era una bella giornata. Di fronte casa mia c’è un piccolo parco, di solito la mattina c’è sempre gente che porta il cane a spasso o i bambini a giocare.

Ci sono uno scivolo e un’altalena cigolante. A volte durante il pomeriggio mi viene voglia di scendere di casa brandendo lo Svitol come se fosse la spada di un cavaliere, mettendo tutti in salvo dal rumore molesto. Sono giorni però che sia lo scivolo che l’altalena sono avvolti, abbracciati oserei dire, da un nastro bianco e rosso.

Durante le serate sono stata sempre affacciata a questa finestra, davanti a questo parco, come se fosse il mio schermo sul mondo. A volte di notte, quando cala la nebbia, penso sempre che somigli a Silent Hill. E dopo racconto di quella volta che, dopo aver guardato la prima mezz’ora di quel film, avevo chiuso la finestra di Windows Media Player e mi ero chiesta perché stessi continuando a guardare questa tizia che correva nella nebbia per così troppo tempo.

Negli ultimi sette mesi ho imparato a riconoscere i personaggi che popolano il parco. Il ragazzo sui trent’anni col beagle, i tre gatti dei vicini, il musulmano che prega a mezzogiorno esatto, gli sbandieratori che si allenano per il Palio del Niballo, i ragazzetti sotto l’arco che di sabato pomeriggio ascoltano la trap, gli scout della domenica mattina. E poi tanti altri che al momento proprio non riesco a ricordare. Chissà quando riusciranno a tornare qui, di fronte a me.

Vorrei dirgli che mi mancano, ma poi mi sentirei veramente stupida. C’è silenzio nelle ultime settimane, non fosse per gli uccellini che cantano senza sosta. Come se volessero riempire un vuoto, come se volessero dirmi che in realtà più che di silenzio, si tratta solo di un rumore diverso. L’unico che al momento è permesso.