“Usa questa quarantena per trovare il tuo blocco.”
Ma grazie dottoressa!
Come se bastasse una clausura per abbattere la diga.
Ciao sono Selene e ho una diga emotiva.
Immaginate un enorme bacino che raccoglie tutte le emozioni esagerate che altrimenti vi trascinerebbero come una cascata; il mio cervello convoglia tutto lì e io posso vivere una vita equilibrata e serena.
Troppo doloroso: fa nulla, ho la diga.
Questo è troppo intenso: mi spiace ho la diga.
Morte di un padre: è filtrata con la diga.
Incidente in statale: non lo ricordo più, ho la diga.
Madre bipolare: c’è la diga, ora no, ora sì, ora no, ora sì.
Sembra un superpotere sapersi proteggere dagli eccessi emozionali.
Soprattutto quando sei protetto da shock tremendi come questi.
La diga mi protegge, mi tiene al sicuro.
Il cinque marzo mi sono laureata; 103/110 è un ottimo voto per chi credeva tutto perduto.
Iniziavano i primi segni di chiusura per il virus. Non c’erano amici o parenti in abbondanza ma c’era la mamma, l’amore, e uno zio.
Un traguardo meraviglioso per chiunque, eppure io non me ne sono accorta.
Da qui non passa nulla, neppure una misera goccia emotiva.
La muraglia che mi ha protetta per una vita non fa distinzioni tra auto ribaltate e corone d’alloro.
Allora corri dalla psicoterapeuta a lamentarti della diga che non ti piace più.
Quando il filtro rallenta le emozioni da ricordare e custodire, non ha più senso tenerlo.
Ma ormai il bacino è colmo e distruggerla provocherebbe una cascata di ricordi, di draghi nascosti sotto la tappezzeria, di padri mai lasciati andare, di amori creduti e mai vissuti, di scrigni seppelliti dove nessuno mai avrebbe cercato.
Selene, compra un martello e inizia a scolpire la prima crepa.
Poi compra una pagaia e muoviti tra le rapide e scendi a valle insieme a tuo padre, a tua madre, alla Panda distrutta, alla tua corona d’alloro e a tutto ciò che ti sei persa guardando la tua vita da una quarantena immaginaria.