Scegliere di fotografare tutto ciò che rientra nella comune definizione di intimo non è affatto semplice. È un percorso dove si può perdere subito il controllo, e ritrovarsi a fare i conti con una serie di risultati a noi estranei è molto facile. A questo punto sorge spontaneo oltrepassare i confini della fotografia e esportare questa riflessione ad un livello che colpisca l’arte in tutte le sue declinazioni, ma non è questo il momento per affrontare un tema così spinoso.
L’intimo è una dimensione che, nella maggior parte dei casi, è ancora poco compresa, e quando un aspetto delle nostre esistenze non trova il giusto spazio attraverso cui esprimersi, ci ritroviamo a dover accettare errori e occasioni perdute che ricorderemo per sempre. Celebrare l’intimità, renderla protagonista di un ciclo tanto vasto quanto lo è quello della rappresentazione figurativa, è una sfida ardua da affrontare, e il nobile intento di immortalarla nella sua più umile espressione non riesce a tutti.
Sara Lorusso è una fotografa italiana che vive a Bologna. I suoi lavori riescono a trasmettere una certa idea di immortalità che si sprigiona dalla pellicola su cui sono fissate le immagini. I soggetti fotografati, gli ambienti in cui si muovono, sono una fedele rappresentazione di quanto sia necessario catturare momenti che per la maggiore passano inosservati.
Corpi che si aggrovigliano tra le lenzuola di un letto, il calore composto di una primavera che si affaccia stanca quando la luce delle mattine di maggio illumina le pareti. L’incontro che dura un attimo tra vite che sono state di fianco l’una all’altra per tutta la notte. Questa è la linfa di Lovers, la serie di Sara Lorusso che racchiude le scene quotidiane di amanti sfuggenti, ma che nella loro stessa scaltrezza sono il manifesto di un’esistenza sempre più colma di volontà, di un’energia che si spinge oltre il freddo dei pavimenti all’alba.
Lo stile scarno, crudo e diretto muove lo sguardo verso la tangibilità dell’intimo. Sono immagini che descrivono i riflessi interiori della fermezza, del desiderio e della cospicua sensazione di vuoto. Raccontano storie e allo stesso tempo diventano fattori che provocano l’analisi del proprio io costretto a prendere consapevolezza dell’essere.
L’intimità immortalata da Sara Lorusso è la stessa che incontra la sessualità, e con essa tutte le forme possibili attraverso cui si esprime giorno dopo giorno. Prendersi gioco di una componente tanto segregata quanto omessa, è la particolarità della gran parte di questi scatti. Alcuni di essi sono vere e proprie metafore ben riuscite di corpi appartenenti ad un mondo incantato, un mondo dove il corpo umano assume sembianze fantastiche senza mai sopperire del tutto alla trasformazione.
Tra autoritratti e lenzuola stropicciate, tra sorrisi accennati e sguardi rassegnati alla routine della metropoli, i lavori di Sara Lorusso trasmettono uno stato d’animo che naviga le acque di un presente che non smette di trivellare l’atto di scoprire qualcosa lungo il profondo abisso, lì dove si nasconde la normalità di una figura rispetto ad un’altra. Sono caratteristiche queste, che riemergono solo in casi eccezionali, magari quando cala la sera e tutto assume l’unica tonalità che nel buio convive.