“When I lend my eyes, they see the hidden dimension behind our perched lives. I draw the curtains and I can see the corners of human vulnerability, I lose myself in the alleys without people, I show how the most tender beauty becomes prey to the predators of the unconscious. I steal the sheets from lovers in love who at night desperately walk the cold double beds, I give back to the passion lady his command and throne, I capture the immoral characters who inhabit our person … little red riding hood with the wolf and the hunchback born in winter.”
Claudia Jares è una fotografa e performer argentina. Cresciuta circondata dall’arte, scopre la magia della camera (oscura) e la complessa bellezza del mondo, che vive con uno sguardo nuovo. Consapevole e pieno di emozione.
Nella sua ricerca, la fotografia non è solo magia ma anche strumento di guarigione, di catarsi, di scoperta.
Scoperta che porta al fulcro pulsante di tematiche quali l’amore, il sesso, la diversità, l’omosessualità, il movimento lgbt, che caratterizzano fortemente il suo stile e confluiscono nel libro Dark Tears con una particolare sensibilità.
Leggera, soffusa, mai urlata.
Il suo sguardo scosta il velo della superficie, lambisce fragili vulnerabilità e scova negli angoli nascosti l’essenza dei suoi soggetti.
Stavo cercando di tirare fuori (dai miei soggetti) la parte artistica di ognuno di loro, ed è stato un successo totale perché l’arte è la medicina per un sacco di traumi.
L’intento di Claudia è quello di fare arte non per se stessa ma per unire empaticamente ogni persona, ogni voce, in modo che, specchiandosi nel suo modo di vedere il mondo e la gente, ognuno di noi possa capire di non essere solo.
Un approccio intimo, un viaggio in divenire che dà e prende. Uno scambio tra chi fotografa e chi viene fotografato, per mostrare la bellezza nascosta di ogni dettaglio.
(adattamento testo di Andrea Bastian e Deborah D’Addetta)