Vi siete mai trovati davanti allo stereotipo del fotografo che non si mostra mai? Sì, quello in cui l’artista è solo dietro il mirino della sua macchina fotografica. Di recente nei vari contenitori di immagini sul web si assiste a un fenomeno contrario: il fotografo ritrae sé stesso. La maggior parte delle volte è una questione di narcisismo, ma ci sono casi in cui chi si fotografa non è solo un semplice amatore della fotografia che vuole mostrare ai suoi amici le sue gambe al mare o sé stesso in compagnia di altre persone per esibire la propria vita reale in rete. Chiariamo alcuni aspetti, andando nello specifico di un genere fotografico molto particolare.
Nella ritrattistica si vuole catturare l’istante preciso in cui l’espressione di chi viene fotografato non si ripeterà mai più. Ciò che viene immortalato è un momento esatto nella vita di qualcuno.
Ora, lasciando da parte lo sdoganatissimo e odiosissimo selfie, anche nella fotografia internazionale ci sono esempi di artisti che hanno scelto sé stessi come modelli. Prima fra tutte Cindy Sherman, fotografa statunitense famosa per Untitled Film Stills, una serie di sessantanove scatti che ripropongono la stessa Sherman sia come fotografa, sia come soggetto ritratto. La serie ha una caratteristica cinematografica. Ogni scatto presenta una situazione che racconta di tratti femminili ripresi da attrici protagoniste di film noti negli anni Cinquanta e Sessanta. Il valore della serie sta proprio nella commistione dei due codici -fotografia e cinema- che si intersecano grazie alle nostre conoscenze cinematografiche. Ogni fotografia rappresenta una donna all’interno di uno scenario ben preciso e questo ci fa comprendere da quale film la Sherman abbia preso spunto per ricreare lo scatto. Protagonista della serie è la femminilità, non come tratto distintivo di un essere che indossa abiti eleganti, perle e scarpe col tacco, ma come essenza che si può sviluppare solo grazie alla sovrapposizione di diverse convenzioni culturalmente denotate.
Cindy Sherman Untitled Film Stills #48
Un’artista che possiamo decisamente associare a Cindy Sherman è il giapponese Yasumasa Morimura, che dal 1985 porta avanti una serie chiamata Self-portrait as Art History, svolta come la rappresentazione di artisti occidentali particolarmente influenti in Oriente. Nel primo scatto della serie il fotografo si ritrae sotto le spoglie di Van Gogh, che a metà degli anni ’80 era uno degli artisti europei più famosi in terra nipponica. La fama è la vera protagonista degli scatti di Morimura. In effetti la sua intenzione era quella di sovrapporre a sé stesso l’immagine di un artista conosciuto in ogni angolo della Terra per rappresentare una sorta di archetipo artistico. Ciò che più attrae del lavoro del fotografo è il fatto che, non essendo occidentale, lui stesso vuole mostrare come la cultura giapponese e orientale veda l’immaginario popolare occidentale. Questo ci porta direttamente a due assi d’interpretazione della serie di Morimura: uno che riguarda il fotografo come interprete a doppio taglio e l’altro come condizione dell’immaginario artistico specificatamente occidentale.
Yasumasa Morimura — Self Portrait as Art History, Van Gogh
A volte in fotografia succede che un artista voglia riproporre uno scatto preciso di un altro fotografo. Non sempre questi progetti riescono, spesso il legame che un fotografo sente con l’opera di un altro collega è qualcosa di complesso. Se come me credete nell’irripetibilità di uno scatto sarà difficile anche per voi credere nei remake. Jemima Stehli ripropone un dittico molto famoso di Helmut Newton, intitolandolo After Helmut Newton’s «Here They Come». L’originale, che vedete di seguito, mostra quattro modelle che avanzano verso l’obiettivo. Lo scatto della Stehli è molto particolare. Lei stessa è protagonista della fotografia: nella prima parte del dittico è completamente nuda, indossa solo un paio di scarpe col tacco e nella mano sinistra tiene il flessibile dell’autoscatto. Nella seconda parte ripropone la stessa postura della prima, che è anche la postura delle modelle di Newton, ma questa volta addosso alla Stehli appaiono dei vestiti. Ciò che vuole comunicare la fotografa è la possibilità di poter essere sia autori sia interpreti di una fotografia, uno spunto preso da un fotografo così importante come Helmut Newton, senza scadere dello scontato.
Jemima Stehli — After Helmut Newton’s Here They Come
Ora, la prossima volta che vi troverete di fronte all’hashtag #selfie, spero vi vengano in mente gli sforzi e la volontà di comunicare qualcosa di preciso che si celano dietro un autoritratto. Sempre che non si tratti di un paio di gambe in piscina. Ma è chiaro, anche quelle comunicano qualcosa.