Quello che vedete ritratto sopra è John Hopkins. Dei fotografi si dice che raramente si lasciano immortalare — un po’ come la storia del DJ che mette la musica alle feste solo perché non sa ballare — invece di lui abbiamo abbastanza materiale per ammirare i suoi usi e costumi.
Hoppy, com’era solito farsi chiamare da amici e fans, è morto lo scorso 30 Gennaio a Londra. Aveva 78 anni. Tutti lo conoscevano per la sua attività di fotografo, reporter e giornalista, ma non solo. Ha ricoperto un ruolo di tutto rispetto nella scena della cultura underground a partire dagli anni 60.
Iniziò a fotografare dopo aver ottenuto — sprecata volutamente, nel pieno delle sue facoltà — una laurea in fisica all’Università di Cambridge nel 1957. Di lì a poco ricevette in regalo una macchina fotografia, la stessa che gli consentì di iniziare a scattare i primi lavori per le maggiori riviste inglesi di quegli anni.
Da annoverate tra le sue creazioni ci sono: la rivista anarchica The International Time e il club UFO. Il giornale nacque nel 1966 — pare con l’aiuto economico di Paul McCartney — a conclusione di un suo percorso di pura sperimentazione artistica. Voleva a tutti i costi parlare di fatti che non si trovavano in alcun modo nelle classiche riviste britanniche. Voleva sovvertire l’abitudine al buon costume della carta stampata e non: per questo, negli uffici di IT, si dettava una linea editoriale — se così possiamo definirla — all’insegna di contenuti che riguardavano il sesso esplicito, il consumo e il reperimento di tutti i tipi di droga in circolazione, di tatuatori di ogni genere, e dei party alternativi che si tenevano in città. Erano gli anni del boom delle riviste underground, e IT conservava il suo prestigio nell’ambiente.
La nascita del club UFO invece incorona al successo la sua vena di organizzatore di eventi: nel 1967 Hoppy organizzò il 14-Hour Technicolor Dream, festival in cui — tra i tanti ospiti d’eccezione — si esibirono dei giovanissimi Pink Floyd. È famoso l’episodio, riportato nell’intervista del 2010 rilasciata a Vice, che vede un ragazzo distribuire all’interno della sala delle zollette di zucchero contenti dell’acido. Per la gioia dei partecipanti!
Sempre nel 1967 venne arrestato per possesso di cannabis. Voci indiscrete hanno collegato la sua condanna a sei mesi di prigionia al successo che ebbe nella scena politica, in particolare tra i movimenti pacifisti che si andavano affermando negli ultimi anni 60. Da sempre impegnato, qualcuno lo definì di intralcio al clima politico di quegli anni.
Con i suoi scatti ha ritratto le maggiori personalità che hanno reso magici gli anni 60 e 70 del secolo scorso. Dai Beatles ai Rolling Stones, dai politici che hanno segnato le maggiori proteste statunitensi — Martin Luther King e Malcom X –, agli scrittori della Beat Generation, fino ad arrivare ai nudi che hanno accompagnato alcune opere di Burroughs.
Attraverso le sue foto possiamo ben comprendere gli stati d’animo, e i deliri, di un mondo fatto di movimenti per la libertà d’espressione, di giovani impegnati nella “famigerata” rivoluzione sessuale, della larga diffusione di stupefacenti sintetici e naturali, di politici pronti a diffondere l’ideale della non violenza, segnando il passo di un’intera cultura pacifista.
Anarchico fino al midollo, il suo attivismo politico era del tutto estraneo alle manovre sia della destra, sia della sinistra. Le sue iniziative per un’informazione non soggetta a censura, all’insegna della libera espressione, trovarono largo consenso tra i giovani di quel periodo.
Hoppy è stato un vero e proprio agitatore culturale, inutile negarlo.
Di sotto alcuni scatti famosi di John “Hoppy” Hopkins: