Author: Redazione

Il libro dell’inquietudine di Pessoa

Pessoa

“Quando un pensiero ti domina lo ritrovi espresso dappertutto, lo annusi perfino nel vento” Avevo scritto questa frase sulla mia Smemoranda, ai tempi del liceo, come si usava fare con le belle citazioni. Adolescenti presi dagli amori non corrisposti, dalle baruffe con gli amici, dai rapporti in fieri con i genitori. Ognuno convinto di avere il futuro in ginocchio davanti a infinite possibilità, egotismo ingenuo allo stato puro. Tutto ruotava intorno a noi, o così credevamo. Chiusi nelle nostre camerette e tutto il mondo fuori. E quei pensieri fissi che non davano pace. Così, anche se leggo, mi sembra di ritrovare tracce virulente tra le righe. Ma non solo, ché l’adolescenza è finita da un pezzo e ho accumulato altro, vivendo. Non posso scrivere una recensione: Il Libro dell’Inquietudine di Fernando Pessoa diventa un diario, diventa il mio specchio e mi scava dentro. Sarà per questo che mi è tornata in mente la citazione di Thomas Mann, chiusa come sono nel mio appartamento e tutto il mondo – devastato –  fuori. E pochi pensieri che …

Paesaggi (dal finestrino) dal mattino del mondo

Paesaggi (dal finestrino) dal mattino del mondo

La mia quarantena è iniziata durante un viaggio in macchina dal Colorado al Texas, attraverso i paesaggi deserti del New Mexico, dove tutto scompare. Da quel momento, mentre la radio era un richiamo alla civiltà e al social distancing e ogni piano sarebbe cambiato, non sapevo che il vero viaggio doveva ancora iniziare, e più di duemila chilometri dopo sarebbe finito all’aeroporto JFK di New York. “L’ologramma è simile al fantasma, è un sogno tridimensionale, e si può entrarvi come in un sogno. Tutto dipende dall’esistenza del raggio luminoso che porta le cose; se viene interrotto, tutti gli effetti si disperdono, e anche la realtà. Ora, si ha proprio l’impressione che l’America sia fatta di una commutazione fantastica di elementi simili, e che tutto dipenda unicamente da quel raggio di luce, quel fascio laser che fruga sotto i nostri occhi la realtà americana.  Lo spettrale, qui, non è il fantomatico o la danza degli spettri, è lo spettro di dispersione della luce.” ― Jean Baudrillard, America Paesaggi (dal finestrino) dal mattino del mondo, di Giulia …

Fantasmi

Fantasmi

In fondo, siamo tutti un po’ fantasmi. Fantasmi spaventosi e spaventati, catapultati più o meno violentemente dentro un mondo estraneo, che a volte fa paura. Emarginati, soli, additati e incolpati delle azioni più abominevoli, di errori imperdonabili. Mostri. Diversi. Strani. In noi ataviche colpe, macchie indelebili. Questo è il nero che occupa una parte del cuore di ciascuno, lo spettro di essere un errore. Tuttavia senza il nero delle lacrime più buie il bianco di un sorriso non avrebbe colore, non avrebbe significato. Lo yin e lo yang, l’eternità della gioia e del dolore, del bene e del male che ognuno di noi custodisce. Come l’arco e la lira di Eraclìto, la morte e la musica, la morte e la vita. di Ludovica Cianciosi

Il primo uomo

Germana Stella

Mi domando come deve essersi sentito il primo uomo che, nell’entrare in contatto con un altro uomo, ha sentito l’energia che si scatena tra le anime.  Non tutti ci riescono, ma chi sa di cosa parlo capirà.  Anime che non necessariamente devono condividere esperienze importanti, o una intera vita.  Semplicemente due persone che anche solo stando accanto, attraverso un contatto, si sentono bene, e grate.  Col tempo avranno imparato a distinguere l’affetto, la passione, l’amore, l’istinto,  Immagino.  Hanno capito che probabilmente non c’è niente di più bello del riempire i vuoti, i silenzi, la solitudine,  nonostante il fascino di tutto ciò che ho appena elencato.  Ma non riesco ad immaginare come, e quando, esattamente, i cuori di queste persone sono diventati tanto aridi,  Così da allontanare gli altri, preferendo mantenere le distanze,  Isolandosi Alienandosi  Spegnendo quell’energia che, chissà, forse faceva girare il mondo dal verso giusto.  All’inizio della quarantena ho pensato che finalmente la gente mi sarebbe stata lontana, non mi avrebbe toccata parlandomi,  Niente baci e abbracci salutandomi,  Niente, finalmente, pensavo.  Ma poi, oggi …

#westayathome

#westayathome

Con #westayathome abbiamo cercato di condividere i nostri primi giorni di quarantena in modo leggero e colorato. Per dimostrare che può anche essere divertente stare a casa con i propri cari creando qualcosa di artistico, in questo momento difficile. di Ana Tutunović e Stefano Federici

Orsetti

Orsetti

Ho alzato gli occhi verso i terrazzini impilati sulla facciata del palazzo che ingloba il supermercato. Al primo piano, dove il sole batteva senza pietà, c’era questa ragazza abbarbicata su una sedia di legno. Aveva le ginocchia, più che incrociate, articolatamente incastrate tra loro, la testa piegata sullo schienale e un braccio che penzolava, trasmettendo un imbattibile senso di organica desolazione, come se, dopo aver portato fuori i quaderni e i libri, animata da un sincero spirito combattivo, avesse smesso di chiedersi il perché delle cose, a partire dalla sua stessa posizione innaturale. Indossava una felpa con stampe di orsetti che le lasciava scoperta la pancia e, a un tratto, qualcosa deve averla convinta a rientrare in casa, perché ha risolutamente afferrato tutto, libri e quaderni, ed è scomparsa dietro la tapparella alzata a metà. A quel punto, dopo un’ora di fila – una fila da me inizialmente interpretata in maniera ingannevole come affrontabile – avevo finalmente conquistato la prima posizione, di fronte alle porte scorrevoli del supermercato. Un magazziniere è uscito e mi ha …

I giorni

giorni

In questi giorni in camera mia fluttuano canzoni che stimolano la mente a rimanere tra le nuvole. Immagino questo spazio mentale ritagliato come un lembo della carta da parati della mia stanza che ho sollevato, dietro il quale si scopre una finestra che appaga il mio desiderio di escapismo.  Qualche giorno fa dalla stessa finestra è trapelata una consapevolezza spaventosa. L’ho guardata al contrario mentre ero distesa sul letto. Dopo che le reti televisive erano tornate unificate per trasmettere il messaggio del Presidente del Consiglio che chiamava questa cosa “pandemia”. L’ho guardata ed era un disegno fatto a matita coi chiaroscuri molto calcati. Ho avuto paura, ma non paura di essere contagiata, paura delle scatole dentro le quali mi trovo rinchiusa, del fatto che il mio microcosmo emozionale in tempesta è ora contenuto dentro un macrocosmo in tempesta e più collettivo. Non so quanto siano sagge le priorità delle mie paure, ma da questi due occhi che sono il confine tra me ed il mondo non posso che vedere a modo mio e potrei anche …

I piedi a terra

piedi per terra

Le parole, tutte, mi sembrano irrispettose. Il Dolore non si descrive, non si canta, non si analizza. Il Dolore non ci appartiene, se non di riflesso. E il riflesso non è il Dolore, che è intimo, solitario, di chi ci affoga dentro. Ed è per questo che chiedo scusa se ancora scrivo, al sicuro, sotto il mio caldo plaid, lontano da tutto. Ma le parole, le parole scritte sono quello che ancora mi tiene inchiodata alla terra. Dalle mie parti si dice che chi sta per andarsene, dal letto di morte, cerca disperatamente di poggiare di nuovo i piedi a terra, letteralmente intendo. Cerca, con quel gesto, di salutare per sempre la vita. Un ultimo contatto. L’addio. Le parole scritte mi tengono ben salda, non oso sollevarli i piedi. Resto in piedi non per un addio, ma per non pensare nemmeno di poterlo dare. Se scrivo non è per cantare o per fare poesia, non è per la noia dei pomeriggi troppo lunghi o per cinica empatia.  Scrivo per me, per restare ancora qui. Se …

La diga di Selene

diga

“Usa questa quarantena per trovare il tuo blocco.” Ma grazie dottoressa!  Come se bastasse una clausura per abbattere la diga. Ciao sono Selene e ho una diga emotiva. Immaginate un enorme bacino che raccoglie tutte le emozioni esagerate che altrimenti vi trascinerebbero come una cascata; il mio cervello convoglia tutto lì e io posso vivere una vita equilibrata e serena. Troppo doloroso: fa nulla, ho la diga. Questo è troppo intenso: mi spiace ho la diga. Morte di un padre: è filtrata con la diga. Incidente in statale: non lo ricordo più, ho la diga. Madre bipolare: c’è la diga, ora no, ora sì, ora no, ora sì. Sembra un superpotere sapersi proteggere dagli eccessi emozionali. Soprattutto quando sei protetto da shock tremendi come questi. La diga mi protegge, mi tiene al sicuro. Il cinque marzo mi sono laureata; 103/110 è un ottimo voto per chi credeva tutto perduto. Iniziavano i primi segni di chiusura per il virus. Non c’erano amici o parenti in abbondanza ma c’era la mamma, l’amore, e uno zio. Un traguardo …

Smart-working

smart-working

In pratica la farsa dello smart working è andata così, che se n’è parlato e se n’è parlato e se n’è parlato e quando il mood degli italiani è passato, in una notte, da #milanononsiferma alle leggi fascistissime, anche da noi si è detto e smart working sia.  Tuttavia, per chi lavora in azienda, tutto il giorno al pc su internet, non è scontato avere pc e fibra anche a casa. Tra l’altro se sei disposto a farti carico dei costi della fibra in vista dell’emergenza, non è che te la installano alla velocità in cui il governo fa una query sul sentiment su Facebook. Così, chi non è attrezzato per lavorare a casa si reca in ufficio. Compresa io. A casa ho la connessione, un mac e pure la stampante. Ma sono la mamma single di due figli alle superiori, e ancora non realizzo che la presunta scuola digitale è in realtà molto analogica. Ancora immagino che a un certo punto qualcuno avvierà le millantate videolezioni (invece arriveranno circa un mese dopo seguite a …