Author: Redazione

Come la neve.

Come la neve

[di Andrea Vincent Lupino]   Come la neve. Presi una bottiglia vuota dal pavimento e la scaraventai con forza contro uno di quei muri. Ed eccoli là. Frammenti di vetro. La mia mente. Avrei voluto raccogliere tutti quei pezzettini per poi stringerli forte tra le mie mani. Avrei voluto rotolarmici sopra, nudo, e ferirmi fino a dissanguarmi, volevo nutrire col sangue quel pavimento di legno che mi pareva così arido, così secco. Mi misi a piangere. Avrei dovuto fare qualcosa ma non sapevo cosa, avrei dovuto pulire, rispettare quel posto che mi aveva accolto solo un anno prima. Fino a quel momento avevo sempre amato Bruxelles, anche se pioveva fin troppo di frequente, ma ora era come se mi trovassi in un quadro strappato raffigurante una qualche apocalisse nucleare. Andai in bagno e iniziai a vomitare.   E Sara aveva ragione. Avrei dovuto cambiare la puntina del mio giradischi. Ormai non le contavo nemmeno più le volte in cui me lo aveva ripetuto. Sara che era proprietaria della galleria d’arte a dieci minuti da casa …

Lilah

You’re the night, Lilah A little girl lost in the woods You’re a folktale The unexplainable You’re a bedtime story The one that keeps the curtains closed I hope you’re waiting for me ’Cause I can’t make it on my own I can’t make it on my own (Morphine “The Night”) Nel silenzio straripante di solitudine di questo bar vedo una coppia al tavolo di fronte che estrae il cellulare dalla tasca della giacca. In contemporanea, quasi in sincrono. Quasi fosse un gesto preparato da tempo. Tanto tempo. Da quando han proibito di fumare nei locali, lo smartphone ha sostituito la sigaretta. Che i silenzi possano mettere a disagio lo dicevano anche in Pulp Fiction. John Travolta e Uma Thurman seduti al tavolo del Jack Rabbit Slim’s. Ed eccolo lì. Il disagio. L’argomento di conversazione che proprio non arriva. Panico. L’ansia di dover dire per forza qualcosa. Non posso fumare qua dentro allora tiro fuori lo smartphone. E li vedo ridere. Cosa che pochi attimi prima nessuno dei due faceva. Quando lo spirito è così digitale, …

A quiet life

Cara Casadiringhiera, è mezzanotte circa e sono un tutt’uno con il divano del mio soggiorno. La mano sinistra sulla pancia. La destra invece è senza forza alcuna, poggiata sul cuscino di fianco a me. Cinge il telecomando. È una notte complicata. Tumultuosa. Non ho voglia di dormire e darei fino all’ultimo dei pochi euro che ho nel portafogli, per evitare di chiudere gli occhi. Sono fortunato, cara Casadiringhiera. Su Rai 4 sta iniziando un film. Un film che non conosco. Un film che però mi cattura già dal primo fotogramma. È la storia di Rosario, pentito di camorra, scappato in anonimato in Germania. Rosario ama il silenzio. Soprattutto quello della foresta nella quale vive e gestisce un ristorante-albergo. La sua quiete ed i suoi silenzi mi rapiscono. Mi spengono tanto che ad un certo punto le mie orecchie odono i suoni provenienti dalla tv, in maniera ovattata. Come se il rumore degli altoparlanti fosse mediato dal silenzio dell’appartamento nel quale mi trovo, sommato ai silenzi della foresta di Rosario. Lo stacco pubblicitario che arriva a …

Grigio notte

È quasi notte e piove. Piove sempre in questa città grigia che non è la mia. E ho sbagliato scarpe, me ne accorgo solo adesso che sento l’umidità salirmi su per tutto il corpo. Aspetto il tram, l’ultima corsa. Una serata fuori, con le solite persone, con le scarpe sbagliate e piove. Mentre aspetto mi accendo una sigaretta, che a quest’ora è sempre l’ultima rimasta nel pacchetto. Osservo le goccioline d’acqua scendere sul plexiglas della pensilina, su una pubblicità sbiadita di non so che cosa e su una scritta lasciata da qualcuno, che si intravede appena, il silenzio c’è. Sorrido, è come “Dio c’è”, penso. Ecco arriva il tram, mi piove sulla testa quando salgo, l’autista borbotta qualcosa su questo tempo “che non perdona”, annuisco e mi siedo. Tram vuoto e autista assonnato. Qualche fermata dopo, sale un altro viaggiatore, in questa notte grigia e senza scampo. Resta in piedi, il Viaggiatore, e incrociamo lo sguardo, inevitabilmente. Lui ha gli occhi grigi, mi sembrano grigi, in questa notte infinita e senza colore. È un attimo, solo un interminabile momento. …

Il Libro delle Bugie

il Libro delle Bugie Il libro delle Bugie è, finalmente, pronto. Purtroppo questa settimana abbiamo avuto qualche intoppo, di natura tecnica e pratica, ma ci siamo riuscite comunque. Questo Librino contiene una selezione di contributi che ci sono arrivati durante la settimana delle BUGIE. Dentro ci sono Bugie con le gambe corte, Bugie infantili, Bugie come macigni, Bugie come menzogne, Bugie bianche. Questo il nostro Libro delle BUGIE*. *(Lo puoi vedere e scaricare e conservare e condividere).  

La casa sul faro

Foto di Sara Mignogna Eppure sembrava tutto così maledettamente vero. Intere giornate di pioggia buttati nel letto a disquisire sul futuro, a progettare la casa sullo scoglio vicino al faro così, dicevi, prima o poi una sera avremmo potuto assistere a qualche salvataggio di navi e dare soccorso ai naviganti offrendogli un tè fumante, il nostro preferito. Viaggi programmati alla perfezione: un anno una meta scelta da te e quello successivo da me. Estati, invece, da trascorrere in casa. Tanto il mare lo avevamo già! Ma è arrivato l’ennesimo inverno e continuo a restare solo io nella resa di un’assenza che è ancora mistero e nostalgia, e le tue tante, innumerevoli, inconcludenti parole. Testo e foto di Sara Mignogna

La confessione

Bugie e mentire son le cose che faccio più spesso. Non con gli altri ma con me stesso. Per esempio sto mentendo anche in questo momento e te, cara casadiringhiera, devi perdonarmi. Dunque sono un auto-mentitore seriale. Di quelli che le cose le han fin troppo chiare e proprio per colpa di questa chiarezza, son costretti a mentire per chiudere gli occhi la sera. Non faccio male a nessuno. A volte nemmeno a me stesso. Mentire serve. E chi lo nega è ipocrita. Anzi, un bugiardo. Come me. Ho iniziato quando da piccolo mi costringevano ad andare a confessarmi. Io non avevo nulla da dire al prete. E dopo 5 minuti di “esame di coscienza” decisi che mentire dicendo di aver detto qualche bugia, poteva essere il giusto argomento per impegnare il tempo che va dal preambolo iniziale all’assegnazione della penitenza e del perdono. Col senno di poi avrei potuto abbracciare il prete come Danielino con don Salvatore Conte e prendermi il perdono in quel modo. Uno start del genere comunque non avrebbe potuto portarmi …

La Salvaguardia del Sé

  Non penso di essere mai stato pienamente sincero. Non ho mai avuto il coraggio di raccontare la realtà perché confrontarmi con la fantasia era molto più facile. Quando stavo dietro i banchi di scuola credevo a tutto ciò che la maestra diceva, dalla sua bocca le parole risulta- vano molto credibili e io non ero così sveglio da smontarle. Dal giorno in cui le cifre sulla mia torta di compleanno divennero due, qualcosa in me cambiò, una sorta di consapevolezza mi vestì con abiti nuovi, che puzzavano di domande strane, di bugie un po’ meno minuscole, di paure. Quindi man mano che crescevo mi rendevo conto che quei vestiti pesavano e mi cambiavano la forma del corpo, persino la mia mente cominciava a pensare a cose diverse, a cose più tristi; non avevo il privilegio di essere differente, ero proprio come tutti gli altri, solo che non lo sapevo. Mentre l’adolescenza sfumava via dalla mia vita e la predisposizione all’insi- curezza si stabilizzava all’interno, adop- eravo strategie per modificare un po’ quello che era …