Author: Redazione

Miss Italia

di Francesco Tacconi – Siamo qui con Elena Rampi, la nuova miss Italia. Elena ci vuoi dire qualcosa di te? – Vuoi qualcosa di particolare vero? – Sì certo. Qualcosa che ritieni interessante e che possibilmente non sia già comparsa sui giornali. – Ho avuto una adolescenza piuttosto turbolenta. Sono stata tossica dai tredici ai diciannove anni. A tredici anni ero bellissima. – Tossica? Fantastico! Ma pure adesso sei molto bella, hai vinto il titolo superando tutte le altre partecipanti – Lo so, ma è diverso. Ora io mi sento bella. Indipendentemente da quello che pensano gli altri. Allora invece ero oggettivamente bella. Era una cosa innegabile e niente affatto una questione di gusti. – Tossica per tutta l’adolescenza. Hai avuto una infanzia particolare? – Normale direi. Da piccola sognavo di fare il veterinario ed ero una grandissima bugiarda. Per un intero anno scolastico ho fatto credere a un mio compagno che avevo sessanta cani e che vivevano con noi, dentro casa. – Ma il rapporto con i tuoi genitori com’era? – Madre bigotta, fredda, …

Surfin’Italy: cavalcare le onde del Belpaese in vista del 2020

di Giovanna Taverni Quando negli anni Novanta la retorica voleva che si sognasse la California, il surf in Italia non era ancora arrivato. Mi ricordo l’estate in cui vagai alla ricerca di una tavola da surf autentica senza successo: tutti mi rispondevano con la stessa solita storia — in Italia c’è solo il windsurf, noi non abbiamo le onde dell’Oceano, fattene una ragione. Deve essere così che ho cominciato a sentire i Sex Pistols. Scoprire di come oggi il surf sia arrivato anche sulle nostre coste è doloroso, ma meglio tardi che mai. Laggiù, verso l’America, esistono addirittura riviste a tema che parlano esclusivamente di surf, con video dedicati alle più grosse imprese sull’arte di tenere il ritmo di un’onda, sono stati realizzati documentari sui più grandi surfisti, i primi pazzi che si sono scontrati contro le onde (si tratta di uno sport piuttosto giovane), sulle coste atlantiche dell’Europa — in Portogallo — ci sono tratti di costa interamente dedicati ai surfisti, e addirittura quest’estate Internazionale ha diffuso un articolo che racconta questo mondo ignoto al pubblico di lettori italiani. Lo avranno letto? …

Sovvertire l’ordinario: Luca Mata

Di solito associo la crudeltà di un’immagine alla forza attraverso cui racconta un momento preciso. Sporca, priva di costruzione, spontanea. È la somma di una lunga serie di sensazioni che si trasferiscono dall’occhio di chi è dietro al mirino fino ad arrivare al mio. Una trasposizione di sentimenti che finiscono sempre per liquefarsi, riducendo la loro impronta a qualcosa che mai si riuscirà a prevedere. Il gusto personale, la scarica di emozioni che suscita una visione rispetto ad un’altra, il boato che irrompe nella zona dove esistono schemi invalicabili. La prepotenza di uno scatto prende vita, si realizza nello spazio visivo e attacca le consuetudini esistenti. Crea una sorta di invasione nel regno popolato da prefabbricati acquistati a metà prezzo, una lama che affonda nel corpo e ravviva la carne e le terminazioni nervose. Quando una fotografia destabilizza il personalissimo concetto di bellezza, il relativismo acquista un’immensa energia che si immagazzina poi nei meandri del suo essere materia dell’individuo stesso. Le reazioni non sono mai comprensibili completamente, eppure il gusto di una certa schiera di …

Domenica mattina

di Francesco Tacconi … no è che c’è ‘sto fatto che ormai lavoro pure al sabato perché me lo hanno chiesto un sacco di volte di andarci e all’inizio dicevo di no ma poi con il fuoribusta che mi hanno offerto ho finito con l’accettare e così l’unico giorno libero che mi rimane veramente è la domenica e allora ho pensato che qualcosa dovevo fare pure io per distrarmi e per staccare e così ho cominciato a fare ‘sta cosa che mi piace un casino perché di fatto all’inizio avevo pensato di fare qualche sport come fanno tutti tipo corsa o piscina ma a correre mi pare di essere scemo perché in realtà non c’è un posto dove arrivare e in piscina mi annoio a morte a fare avanti e indietro con tutti i fanatici che ti vengono addosso o quelli lenti che non ti fanno passare mai che ci sono pure certe vecchie che te le raccomando e così ho pensato che dovevo trovare qualcosa di alternativo che di leggere ad esempio non ci …

Costruiremo mondi sul niente, e poi li abiteremo.

di William Dollace «Un jour, on construira des villes pour dériver.» Guy Debord — Théorie de la dérive — 1956 La sconfitta. La deriva. La sconfitta è il portiere di una palestra che non esiste, da tempo scandito e candito dalle sue abitudini, il guardiano del niente, la luce verde dell’abitudine, alieno di sostanza. La deriva sono i totem di gasolio, disserviti dal loro servizio, impossibilitati a guardarsi fra loro ma a guardare nella stessa direzione, per sempre, monumenti, sculture di metallo semivuote. La sconfitta è una televisione che parla a sé stessa, megafono semantico in una stanza che potrebbe essere un’astronave nello spazio servita da televendite per alieni, costumi e culture lanciate come da un megafono per posteri che han deciso di abbandonare la loro poltrona. Julien Lombardi costruisce set che potrebbero stare ovunque, poltrone indirizzate a nessuno, lirici tentativi di darci in pasto alla deriva. Alla sconfitta. Questo lavoro di cesellamento della solitudine non mostra paura, rimorso, rimpianto, tale è, episodi solitari incendiari che viaggiano, fino al termine della notte. Piattaforme, in cui il suicidio del movimento ha lasciato …

Mistress America: restare in piedi nonostante le sconfitte

Da quando è cominciata questa storia del binge-watching non guardo più film. È proprio il formato delle serie TV ad aver scavalcato il cinema. Prima di questa ossessione per le serie, di sera preferivo scegliere un film, uno qualsiasi. Mi capitavano sottomano i capolavori di Woody Allen, o l’ultimo film di Soderbergh, oppure un titolo qualunque del cinema indipendente francese. Non mi ponevo dei limiti perché di film belli era pieno il fantastico e illegale mondo dei torrent. Le serie TV mi avevano catapultata in una dimensione fatta di episodi più o meno brevi, e in aggiunta avevano il pregio di rappresentare mondi a sé. Poi un sabato, in mancanza di nuove stagioni che catturassero la mia attenzione — e complice la visione di un trailer che mi aveva attratta dopo un periodo di crisi con il cinema — mi sono imbattuta in Mistress America (2015), un film del regista Noah Baumbach, che racconta la storia di Tracy (Lola Kirke), una matricola appena approdata al college a New York, con la passione per la scrittura. L’eroina eponima però non è Tracy, …

Riuscire di scena

di William Dollace Persone. Attese. Panchine. Orizzonti di plexiglass e cielo. Il lavoro di Niall McDiarmid è una puntata di luce e attesa, di corpi di schiena, di sguardi che guardano chiaramente un altrove tolto di ogni anfratto fisico legato a rapporti di causa-effetto. Sono i personaggi di William H. Gass, di Carver, di Yates, i ragazzi delle consegne, i vecchi che resistono, le cassiere, le donne in attesa che pulsano di voglia e rassegnazione insieme, dal peso leggero di uno sguardo pesante, con cui passare l’estate in questi mercoledì delle ceneri. Battersea, South London — July 2015 Sono tempi tagliati fuori dall’inquadratura per tenere i corpi come templi, premesse di addii o di partenze, crepuscoli, epoche materiali dettate da grandi animali, dalle voci soffocate. È un ritmo che non ci appartiene, perché sembra non essere mai esistito, immobile e inchiodato come una flebo di luce attorno a un corpo, in attesa della morte, di un viaggio, di qualcuno che ti faccia sentire bene. Diari di lavorazione per vite che non sapremo mai, lezioni di anatomia vestite di cartongesso e …

Senza tempo

Sono quasi le sette del mattino e la serranda del caffè viene tirata su lentamente. Nino non ha mai avuto fretta, né in mattinata, né durante tutta la sua vita. Saluta qualche conoscente che si dirige al lavoro, fa il solito cenno con la testa che gli dà un’aria spensierata ed entra nel suo bar ancora vuoto, col pavimento un po’ da spazzare e pieno di ricordi, che presto si riempirà. Non è un posto bellissimo, ma chi lo frequenta sa che è speciale, sia quelli che ci passano tutti i giorni, sia coloro che ci finiscono assetati per sbaglio in un mercoledì qualunque. Nino ha la straordinaria capacità di godersi la vita. Di conseguenza, chi gli sta attorno comincia a pensare irrimediabilmente a quanto la propria esistenza necessiti di un cambiamento. Ma questo Nino non lo sa. Nelle pause gli piace stare sull’uscio del locale e guardare con le braccia conserte: assapora la gente perché ama i particolari e i dettagli che passano indifferenti. Si crea bellissimi quadri nella mente e li appende un …

Prigionieri senza ticket per il paradiso: Ronan Guillou

di William Dollace Il pensiero immobile, il corpo in movimento. Il corpo immobile, il pensiero in movimento. La fotografia di Ronan Guillou, sedimenta corpi ancorati a terra, che si orientano con le stelle, che non hanno passato indenni la loro Revolutionary Road. Sembrerebbe che il cielo sia davvero dei violenti, che la fuga sia la tensione pronta a esplodere, che la speranza diventi asfissiante, come un canto nella neve silenziosa di Selby Jr. Opere incendiarie, episodi, schiene e sguardi che raccontano come è impossibile orientarsi con i jukebox delle stelle, cani della mente che abbaiano ma solo nel cranio, indenni megafoni per potersi condividere, posizioni irrisolte di cartongesso, manichini che hanno finito le cartucce per il mestiere di vivere. È un mattatoio questa idea di territorio ancorata ai corpi, particelle che elementari si ingolfano di fango e detriti, quelli di una vita risolta col chiedere: “perché non ballate?” Fingeremo di essere morti, per capirne appieno l’anima sbagliata, eppure vacante, come mille luci impietosite dai lunedì blu di Grunberg, asfaltati dalle perizie, in questi Novecento disimparati nei bowling, …

Stava tornando

di Nellie Airoldi Gate numero 25. Stava tornando. Nel terminal le voci si coprivano l’una con l’altra. Entusiasmo e noia e rabbia si alternavano davanti al gate numero 25 ma nelle sue orecchie il tutto era solo un ronzio lontano, un sibilo insistente ma secondario che non riusciva a distrarla dai suoi pensieri tutti presi dal fatto che sì, effettivamente, stava tornando. Il fatto è che non l’aveva realmente deciso: è stata una semplice reazione, forse l’istinto o soltanto la sopravvivenza. È successo che quel giorno si era svegliata e aveva capito che doveva tornare, non poteva più restare là a sperare che le cose si sarebbero sistemate da sole. Il problema però, mentre stava al gate numero 25, è che quasi certamente le cose non si sarebbero mai sistemate davvero, ripresentarsi da dove era partita forse non era la soluzione migliore ma dopotutto lei che altro avrebbe potuto fare? Non riusciva ad immaginare altre soluzioni ed era proprio per questo che stava tornando. È la stessa sensazione che si prova quando tutte le persone che …