Let’s call the whole thing translation — Intervista a Marco Rossari
Quando leggete (un libro a caso) La Certosa di Parma e riflettete sulla storia, sulla forza dei personaggi, sulle loro azioni e parole, chi state davvero giudicando? Sono ormai sette anni che studio teorie di traduzione e da poco ho cominciato a metterle in pratica, riscontrandole nei testi che umilmente traduco. Tra le diverse pippe mentali che mi faccio dato il mio interesse per la traduzione — e come me tanti altri che se ne occupano — penso ai meriti, alle colpe, allo scrittore, al traduttore, all’editore e a tante altre spinose faccende. Insomma, mi pongo un sacco di problemi, sbattendo poi il muso sempre contro il solito muro: posso ancora accettare il binomio traduttore-traditore? Chi bisogna preservare nella traduzione? E’ giusto che un contesto culturale venga lasciato nel suo involucro o il traduttore italiano può permettersi il lusso di tradurre lo slang americano col dialetto romano? Io la metto sul piano della libertà e i puristi sicuramente storceranno il naso, facendosi difensori della fazione “parola per parola”. Ma esiste davvero un modo giusto per tradurre? Di tutti questi miei personalissimi quesiti …