All posts filed under: Diari della quarantena

La quarantena è reale e ci unisce, anziché dividerci. Come sapete Casa di Ringhiera è il nostro non luogo per eccellenza, il posto in cui torniamo carichi di una buona dose di passione e curiosità da diffondere. Dopo una lunga chiacchierata siamo giunti a un punto in comune ed è la nostra voglia di condividere con voi “I diari della quarantena”. È un modo per sentirci tutti più vicini, per raccontarvi la nostra esperienza qui in Casa. Lo faremo attraverso i social, ma soprattutto con l’hashtag #iostoacasadiringhiera, che ha un significato ben preciso. E che arrivi proprio all’inizio della primavera, è segno di quella rinascita che ognuno di noi aspetta nella vita. Soprattutto in un momento come questo, sperando che ci seguiate nella nostra avventura, vi invitiamo a passare a Casa di Ringhiera di tanto in tanto. Vi aspettiamo.

Il primo uomo

Germana Stella

Mi domando come deve essersi sentito il primo uomo che, nell’entrare in contatto con un altro uomo, ha sentito l’energia che si scatena tra le anime.  Non tutti ci riescono, ma chi sa di cosa parlo capirà.  Anime che non necessariamente devono condividere esperienze importanti, o una intera vita.  Semplicemente due persone che anche solo stando accanto, attraverso un contatto, si sentono bene, e grate.  Col tempo avranno imparato a distinguere l’affetto, la passione, l’amore, l’istinto,  Immagino.  Hanno capito che probabilmente non c’è niente di più bello del riempire i vuoti, i silenzi, la solitudine,  nonostante il fascino di tutto ciò che ho appena elencato.  Ma non riesco ad immaginare come, e quando, esattamente, i cuori di queste persone sono diventati tanto aridi,  Così da allontanare gli altri, preferendo mantenere le distanze,  Isolandosi Alienandosi  Spegnendo quell’energia che, chissà, forse faceva girare il mondo dal verso giusto.  All’inizio della quarantena ho pensato che finalmente la gente mi sarebbe stata lontana, non mi avrebbe toccata parlandomi,  Niente baci e abbracci salutandomi,  Niente, finalmente, pensavo.  Ma poi, oggi …

La signora Franca

La signora Franca

Affinché, quando tutto questo finirà, questa nostra terra sia un posto migliore. 
 A partire da questo nostro condominio. 15 marzo «Com’è là fuori?», mi chiede ogni giorno la signora Franca del quinto piano. Mi telefona la mattina. Per non disturbarmi chiama alle 9. Vado a prenderle il giornale, Il Resto del Carlino. Arrivo davanti alla sua porta, lascio il giornale e scambiamo quattro parole, sempre le stesse, separati da un’inferriata che un tempo proteggeva la sua casa da ingressi non desiderati e che oggi sembra un divisore tra lei e il mondo. «Com’è là fuori?», mi chiede di nuovo, «è triste?».Ricaccio dentro le lacrime. «È bellissimo, signora, è sempre bellissimo». Lo sappiamo entrambi che quella che le dico ogni giorno è solo la metà di una verità. Ma ci basta. Mi guarda, sorride, poi lancia un bacio, ogni giorno con la stessa gioia, la mano protesa verso di me. In mezzo la stessa inferriata che, per precauzione o pigrizia, resta chiusa. «Ti chiamo domani» dice prima che io vada. 
So già le domande che …

#westayathome

#westayathome

Con #westayathome abbiamo cercato di condividere i nostri primi giorni di quarantena in modo leggero e colorato. Per dimostrare che può anche essere divertente stare a casa con i propri cari creando qualcosa di artistico, in questo momento difficile. di Ana Tutunović e Stefano Federici

Orsetti

Orsetti

Ho alzato gli occhi verso i terrazzini impilati sulla facciata del palazzo che ingloba il supermercato. Al primo piano, dove il sole batteva senza pietà, c’era questa ragazza abbarbicata su una sedia di legno. Aveva le ginocchia, più che incrociate, articolatamente incastrate tra loro, la testa piegata sullo schienale e un braccio che penzolava, trasmettendo un imbattibile senso di organica desolazione, come se, dopo aver portato fuori i quaderni e i libri, animata da un sincero spirito combattivo, avesse smesso di chiedersi il perché delle cose, a partire dalla sua stessa posizione innaturale. Indossava una felpa con stampe di orsetti che le lasciava scoperta la pancia e, a un tratto, qualcosa deve averla convinta a rientrare in casa, perché ha risolutamente afferrato tutto, libri e quaderni, ed è scomparsa dietro la tapparella alzata a metà. A quel punto, dopo un’ora di fila – una fila da me inizialmente interpretata in maniera ingannevole come affrontabile – avevo finalmente conquistato la prima posizione, di fronte alle porte scorrevoli del supermercato. Un magazziniere è uscito e mi ha …

I giorni

giorni

In questi giorni in camera mia fluttuano canzoni che stimolano la mente a rimanere tra le nuvole. Immagino questo spazio mentale ritagliato come un lembo della carta da parati della mia stanza che ho sollevato, dietro il quale si scopre una finestra che appaga il mio desiderio di escapismo.  Qualche giorno fa dalla stessa finestra è trapelata una consapevolezza spaventosa. L’ho guardata al contrario mentre ero distesa sul letto. Dopo che le reti televisive erano tornate unificate per trasmettere il messaggio del Presidente del Consiglio che chiamava questa cosa “pandemia”. L’ho guardata ed era un disegno fatto a matita coi chiaroscuri molto calcati. Ho avuto paura, ma non paura di essere contagiata, paura delle scatole dentro le quali mi trovo rinchiusa, del fatto che il mio microcosmo emozionale in tempesta è ora contenuto dentro un macrocosmo in tempesta e più collettivo. Non so quanto siano sagge le priorità delle mie paure, ma da questi due occhi che sono il confine tra me ed il mondo non posso che vedere a modo mio e potrei anche …

Venti metri pt2: Le cinque di mattina

cinque di mattina

Ok, svegliarsi alle cinque di mattina non è una grande idea. Specie se ti metti a rimuginare sulla treccia chilometrica che il tuo EX parrucchiere ti ha tranciato nel ‘98. Sì esatto, quando gli avevi detto “spunta due millimetri”. O su quella volta che, non sai ancora come, ti sei materializzata nei bagni dell’università a fare cose con Teodoro Cinquepalle per poi finire dallo psichiatra. E dal ginecologo. O ancora, su quando uscirai di casa per testare la funzionalità delle tue gambe, la capacità di stare al sole come testimonianza di non essere diventato un vampiro e di socializzare con cose che non siano bottiglie di cherry, saponi di Marsiglia e piante carnivore. Il fatto è che non ho deciso volontariamente di svegliarmi alle cinque. Prima di andare a dormire, ho lasciato le tende aperte. Volevo guardare il cielo mentre ero a letto. L’ho trovata un’accortezza rilassante, coi pensieri che rimbalzavano di qua e di là e la speranza che il mio uomo misterioso si affacciasse al suo balcone e mi cogliesse avvolta da un’aura …

Solo Guido sa

Guido

Sono giorni che scrivo tanto. Pezzi, post social, mail, messaggi, liste della spesa. Ho addirittura creato un profilo Instagram di quel demone di Jack, il mio gatto. Stando tutto il santo giorno in casa ho tempo per riflettere, sclerare, ascoltare musica, isolarmi anche nell’isolamento generale e tante altre cose che non sto neanche a elencare. Stamattina scorrevo Instagram (dal mio profilo, eh) e mi sono imbattuta in una delle stories di Guido. “Ma Guido chi?”, mi dirai tu. “Guido”, ti rispondo io. Insomma, stai buono e ascolta lo sproloquio. La storia di Guido era una di quelle della serie “on a scale of *nome personaggio* how do you feel today?” Allora ti starai chiedendo chi fosse questo personaggio.  Giuseppe Conte?  Mulan? Jack Nicholson?  Michelle Hunziker?  Elena Ferrante? No, nessuno tra questi. Vabbè, fai pena a indovinare. Era Elettra Lamborghini. Ora, non è un mistero che io adori la nipotina prodigio di Ferruccio. Non per le sue abilità canore, per carità. Più che altro per quella leggerezza che è alla base della sua vita. “E certo,” …

I piedi a terra

piedi per terra

Le parole, tutte, mi sembrano irrispettose. Il Dolore non si descrive, non si canta, non si analizza. Il Dolore non ci appartiene, se non di riflesso. E il riflesso non è il Dolore, che è intimo, solitario, di chi ci affoga dentro. Ed è per questo che chiedo scusa se ancora scrivo, al sicuro, sotto il mio caldo plaid, lontano da tutto. Ma le parole, le parole scritte sono quello che ancora mi tiene inchiodata alla terra. Dalle mie parti si dice che chi sta per andarsene, dal letto di morte, cerca disperatamente di poggiare di nuovo i piedi a terra, letteralmente intendo. Cerca, con quel gesto, di salutare per sempre la vita. Un ultimo contatto. L’addio. Le parole scritte mi tengono ben salda, non oso sollevarli i piedi. Resto in piedi non per un addio, ma per non pensare nemmeno di poterlo dare. Se scrivo non è per cantare o per fare poesia, non è per la noia dei pomeriggi troppo lunghi o per cinica empatia.  Scrivo per me, per restare ancora qui. Se …

Tra altri danzatori

danzatori

Puoi riconoscere un danzatore dal modo in cui si muove, dal modo in cui i suoi muscoli si contraggono e le sue mani canalizzano l’energia e la esternano. I danzatori hanno un’espressione che volteggia tra gli occhi e la bocca, mai stanca, mai cristallizzata in una muta maschera di terracotta. Tu, forse non mi vedrai mai sotto le luci teatrali. Non mi assaporerai nel mettere in scena la verità su di me sotto la maschera da interprete. Non mi riconoscerai tra altri danzatori. Potrai solo continuare a riconoscermi tra la folla, per il mio sguardo, il mio sorriso, il modo in cui i miei capelli vengono travolti dal vento della metropolitana o dal vento freddo di Dublino. Certo, potremo ballare insieme in mezzo a un prato, su una spiaggia, sotto la pioggia, il sole, l’arcobaleno. Certo, ora non mi resta che ballare nei pochi metri quadri della mia stanza, ad occhi chiusi, tra cornici sparse per terra senza chiodi a cui appenderle, senza persone che trovino in esse un proprio passato, un futuro non vissuto …