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Cinestill 400 [keyframe *20112016]

Casa di Ringhiera - Cinestill 400 - keyframe *20/11/2016 - di Lulu Withheld

 a M.B. per quel {Lu senza Pianto} Grace I love you [testo e foto: Lulu Withheld – soundtrack: Mr.Gaunt Pt.1000  by Soap&Skin ] La giovane donna entra nell’appartamento. La luce filtra nel corridoio di taglio dalla porta a vetri sulla destra, una luce come di memoria, vaga e immortale. La graniglia e le porte bianche di legno e i vetri smerigliati come in certe pellicole dell’infanzia.  La ragazza chiede «Sei venuta per lui?». La giovane donna annuisce, è una cosa scontata, questa, per lei. Per chi altri sarebbe venuta fino a lì.  Un tram che passa di sotto fa vibrare i vetri e cigolare le ante. Come quando si stava in viale Bligny. La ragazza si allontana per parlare al telefono, dicendo «Lo chiamo, lo avverto che sei arrivata. È in studio, è spesso in studio ultimamente». La giovane donna cerca di restare in ascolto, vuole sentire il tono della telefonata, vuole capire. Poi si rende conto che no, non sentirà nulla, del resto non sono più fatti suoi. E torna a guardare verso la linea della …

Perché la fatina dei denti, nella realtà, è un bracconiere.

Perché la fatina dei denti, nella realtà, è un bracconiere.

  Le si vede sempre passare baldanzose e lambire gli orditi su tavolini marmorei, serrare gli usci delle sala di posa solo per il piacere di ascoltarsi o godere delle dita delle truccatrici preordinate a stagnare sudore e lucidità. In quei boudoir di facciata, abita una varietà inesauribile di irreali realtà. Il salotto è un pannello, gli scaffali hanno volumi finti, l’acquazzone alle finestre ha origine da una macchina, eppure, a volte, i capelli sono veri, creati solo per loro, veri come le mani delle sartine. Quelle che si angosciano sul serio per le allacciature non funzionanti. Gli autografi sono autentici: inchiostro su ricevute della spesa, inchiostro su fogli di quaderni strappati, sul retro di libretti di risparmio, inchiostro sulle mani. Ed esistono cose, dentro quegli studi, che sono sode e concrete più delle mensole dei truccatori, più essenziali dell’acqua gasata di marca. Esiste una realtà, magari riscaldata, che corrisponde ad una distorta idea di bello. Quella musichetta che inquadra il viso dei personaggi principali in aureole colorate, una canzoncina che agisce da sveglia per i …

In ordine sparso.

© Cristina Rizzi Guelfi - In ordine sparso - Racconti di Ringhiera

Ci sono persone che vanno viste con la mente per capire. Lei dovete immaginarla con un paltò scarlatto e le galosce da pioggia intervallata da quadratini di cartone color cioccolata di nastro adesivo. Ma quest’immagine è solo una panoramica, che rende giustizia solo a uno sguardo dato in cima a un piccolo aeromobile graffiato di blu. Lei sembrava vivere in un plastico di ciliegio. Medicava le sue incompletezze con affetto certosino. Nettava le seggiole e ricollocava le tavole di legno con calma e concentrazione. Il disordine nella sua testa e l’ordine intorno a sé. Si spostava nella sua tana come un ragno d’appartamento con una scrupolosità rallentata, un senso di già visto, una dimissione solerte. Quando raccoglieva le polveri, pareva un levare nutrimento alle cose: alle reni dei libri, alle zampe degli scrittoi, alle sue teste di lume. Si spingeva nel mondo con la quiete degli influenzati, la coscienza della transitorietà e la gravità di un collo greve. In cambio poteva vantare la clemenza per i contorni, il non lamentarsi per poco, la transitorietà delle …

tu – Kodak Portra 400 [keyframe *18032018]

Kodak Portra 400 [keyframe *18042018]

Ci sei tu. Sei dentro la vasca. Un po’ di schiuma ti si è incollata sui capelli e sulla barba. Mi viene da sorridere per la dolcezza dell’attimo. La porta è rimasta aperta e un po’ ti si intravede. Quel che basta. La luce è di un giallo slavato, il bianco riflette il blu del giorno. Sei pensieroso, oggi. Poi un rumore, un pensiero eccolo ti domina e ti alzi di scatto, l’acqua sul tuo corpo. La schiuma che scende. Lo specchio alle tue spalle rimanda un te stesso. Che guardo. Che guardi. I tatuaggi, i peli, il corpo. Un piede dentro, uno fuori. Rischi di scivolare, quasi di una tenerezza comica. Cerchi il telefono. E rispondi. Bagnato, rispondi. L’immagine dopo sei tu. Stai sbirciando da dietro un vetro, le persone. Il vetro non è perfettamente pulito e getta ombre sul tuo viso. Curioso questo gioco di luci e ombre. Ti somiglia. Sei in pausa. In realtà non le guardi neanche, sei lontano anni luce da quelle persone. Stai pensando ad altro, perché in quei …

[Surreale. Senza parole grosse e punti esclamativi. Drammaticamente notturno]

[…] Racconterò la vera storia di una donna paranoica innamorata di una carriola che riveste successivamente tutti gli attributi della persona amata, il cui cadavere è stato a suo tempo trasportato su di essa. Finalmente, la carriola si reincarnerà e diventerà carne. Per questo il mio film si intitolerà La carriola di carne. Raffinati o no, tutti gli spettatori saranno obbligati a partecipare al mio delirio feticista, perchè si tratta di un caso rigorosamente vero che sarà narrato come nessun documentario saprebbe fare. […] Salvador Dalì, DIARIO DI UN GENIO. Bisognerebbe avere quella tolleranza metodologia delle vecchie abbigliate di nero, per piegare i foulard notturni umidi di incubi con la forma delle macchie di Rorschach e la consistenza dei film di Terence Fisher. Sospesa dentro le parabole e i lembi di una pompa di benzina. Le luci al neon rotte. Lampeggiano. Mi verrebbe da ridere anche adesso per il ricordo di uno di quei film di omicidi e cellophane. Indosso nella mente una parola e poi un’altra. [servirebbe un coro in lontananza o un déjà-vu, ma …

fujifilm superia 800 [keyframe *20042002]

Ho 24 anni. È notte. Sera tardi, molto tardi. Che esco dal locale a concerto, quasi, finito. Un concerto dei Sol Invictus o dei ‪Death in June‬, non riesco a ricordare. Esco. La pioggia di aprile mi si riversa addosso come una nemica. Illumina l’asfalto di riflessi cyano. I miei stivali attraversano pozzanghere territori regioni. Io attraverso strade, grandi, a doppia corsia. Mi vedo attraversarle, sotto la pioggia. Lo trovo persino poetico. In questo momento.  Raggiungo la cabina telefonica dall’altro lato delle carreggiate. Non ho più credito per chiamare dal cellulare, né per rispondere ai messaggi. Così chiamo Leo dalla cabina. Risponde subito. Dice «Tra mezz’ora sono da te. Nel tragitto parlami che volo in autostrada». Ti parlo finché durano le monete Leo-dalla-bella-voce. La voce. Cazzo.  Le amiche mi chiedevano mi hanno sempre chiesto «Ma cos’è la prima cosa che guardi in un ragazzo in un uomo?» E io rispondevo ho sempre risposto «Le spalle, la voce. Le spalle larghe almeno quanto le mie, la voce bassa distante profonda capace di farmi trattenere il respiro». …

Come la neve.

Come la neve

[di Andrea Vincent Lupino]   Come la neve. Presi una bottiglia vuota dal pavimento e la scaraventai con forza contro uno di quei muri. Ed eccoli là. Frammenti di vetro. La mia mente. Avrei voluto raccogliere tutti quei pezzettini per poi stringerli forte tra le mie mani. Avrei voluto rotolarmici sopra, nudo, e ferirmi fino a dissanguarmi, volevo nutrire col sangue quel pavimento di legno che mi pareva così arido, così secco. Mi misi a piangere. Avrei dovuto fare qualcosa ma non sapevo cosa, avrei dovuto pulire, rispettare quel posto che mi aveva accolto solo un anno prima. Fino a quel momento avevo sempre amato Bruxelles, anche se pioveva fin troppo di frequente, ma ora era come se mi trovassi in un quadro strappato raffigurante una qualche apocalisse nucleare. Andai in bagno e iniziai a vomitare.   E Sara aveva ragione. Avrei dovuto cambiare la puntina del mio giradischi. Ormai non le contavo nemmeno più le volte in cui me lo aveva ripetuto. Sara che era proprietaria della galleria d’arte a dieci minuti da casa …

7500 gradi Kelvin

lulu withheld - 7500 gradi Kelvin - di quando (non) ho incontrato Baricco

[di Lulù Withheld] La luce blu della neve. Un 7500/8000 K. Io sono all’interno. Un posto caldo. Di legno chiaro. E divani bianchi. Molto Maisons du Monde. Sono a un evento, una delle lectures di un noto scrittore. C’è lui che parla di Beethoven. Parla della Nona. Parla di Leopardi. Legge l’Infinito e sono certa di essermi bagnata sul Naufragar m’è dolce in questo mare pronunciato da lui. Con quella cantilena torinese. Mezza terrona, quella pronuncia. Le aperture delle vocali. Lunghe. Sinuose. Che tornano su quando chiudono la parola. Dice, poi lo ripete E il naufragar m’è dolce in questo mare. Cazzo. La lettura poi termina e io cerco di defilarmi per andare a fumare. Prendo un calice di vino rosso, che io non lo bevo neanche il rosso. Ma il bianco con le bollicine è ancora caldo, praticamente imbevibile. Così ripiego sul rosso. Mi fermo a rollare appoggiandomi al muro del corridoio dell’uscita di sicurezza. Poggio il calice per terra e mi accovaccio. Ché è più facile rullare da seduti che non in piedi. …

Lilah

You’re the night, Lilah A little girl lost in the woods You’re a folktale The unexplainable You’re a bedtime story The one that keeps the curtains closed I hope you’re waiting for me ’Cause I can’t make it on my own I can’t make it on my own (Morphine “The Night”) Nel silenzio straripante di solitudine di questo bar vedo una coppia al tavolo di fronte che estrae il cellulare dalla tasca della giacca. In contemporanea, quasi in sincrono. Quasi fosse un gesto preparato da tempo. Tanto tempo. Da quando han proibito di fumare nei locali, lo smartphone ha sostituito la sigaretta. Che i silenzi possano mettere a disagio lo dicevano anche in Pulp Fiction. John Travolta e Uma Thurman seduti al tavolo del Jack Rabbit Slim’s. Ed eccolo lì. Il disagio. L’argomento di conversazione che proprio non arriva. Panico. L’ansia di dover dire per forza qualcosa. Non posso fumare qua dentro allora tiro fuori lo smartphone. E li vedo ridere. Cosa che pochi attimi prima nessuno dei due faceva. Quando lo spirito è così digitale, …

A quiet life

Cara Casadiringhiera, è mezzanotte circa e sono un tutt’uno con il divano del mio soggiorno. La mano sinistra sulla pancia. La destra invece è senza forza alcuna, poggiata sul cuscino di fianco a me. Cinge il telecomando. È una notte complicata. Tumultuosa. Non ho voglia di dormire e darei fino all’ultimo dei pochi euro che ho nel portafogli, per evitare di chiudere gli occhi. Sono fortunato, cara Casadiringhiera. Su Rai 4 sta iniziando un film. Un film che non conosco. Un film che però mi cattura già dal primo fotogramma. È la storia di Rosario, pentito di camorra, scappato in anonimato in Germania. Rosario ama il silenzio. Soprattutto quello della foresta nella quale vive e gestisce un ristorante-albergo. La sua quiete ed i suoi silenzi mi rapiscono. Mi spengono tanto che ad un certo punto le mie orecchie odono i suoni provenienti dalla tv, in maniera ovattata. Come se il rumore degli altoparlanti fosse mediato dal silenzio dell’appartamento nel quale mi trovo, sommato ai silenzi della foresta di Rosario. Lo stacco pubblicitario che arriva a …