di Francesco Tacconi
Stavo bene al buio. C’era silenzio. Un silenzio pacifico. Come me. In pace e senza pensieri. Al buio. Tenevo gli occhi aperti. Poi chiusi. Era uguale. Stavo bene e basta. Poi dalla finestra è cominciata a filtrare la luce. Prima debole e diffusa. Poi. Lentamente. Si è fatta sempre più violenta. Raggi che filtravano tra gli scuri a illuminare un’aria fatta di pulviscolo galleggiante. E l’ansia è cresciuta con la luce e con i raggi è diventata mal di testa. Fitte lancinanti mentre suonava il campanello e correvo a vedere chi era ed era mia moglie con la spesa che ha preferito suonare che prendere la chiave. Piena di borse com’era. Per fare prima ha detto entrando. Mentre mi chiedevo dove fosse andata a fare la spesa così presto. Mentre portava dentro le cose e mi chiedeva di darle una mano e io nonostante le fitte la aiutavo. E mi chiedevo quando fosse uscita. Stavo bene, ma non dormivo. Al buio. Era uscita prima. Quando per non sentirla? Di notte? Era piena di sporte di verdure e frutta varia e poi sono entrati dietro di lei, dalla porta rimasta aperta, un cane, un gatto e delle lucertole e una scimmia e stavo per gridare aiuto. Ma stai tranquillo mi ha detto lei.
– Tranquillo?
– Sì!
– Che sta succedendo?
– È cambiato tutto…
– Ma gli animali?
– Stai tranquillo.
– Mi fa male la testa.
– Ti farà sempre più male.
– Più male di così?
– Non ho detto che le cose siano cambiate in meglio — ha detto lei sorridendo.
– E allora perché sorridi?
– Torna in camera — mi ha detto lei.
Così mi sono girato, ma non c’era nemmeno il corridoio. Non c’era più niente.
– Che succede? — ho pensato.
– Sei morto — ha detto la voce di mia moglie.
– Quando?
– Quando hai cominciato a sentirti bene — ha detto lei.
– E adesso?
– Adesso ciao.
– Come ciao?
– Ciao e basta a te ci pensa la tua testa. Non senti?