Il prossimo 29 giugno 2018 John Coltrane ritorna con un album di inediti. “Both Directions at Once: The Lost Album” porta di nuovo alla ribalta l’inconfondibile voce del tenorista pupillo di Davis. E’ il Coltrane più amato, quello del miracoloso equilibrio del capolavoro che è “A Love Supreme”, l’album della consapevolezza matura, della tecnica sopraffina, citato dal mondo intero come la pietra miliare del grande Trane e della storia del jazz.
Ebbene, nel 1963 il sassofonista accompagnato dalla leggendaria line up classica (Jimmy Garrison al basso, il batterista Elvin Jones e il pianista McCoy Tyner) aveva inciso un album di cui fino ad ora si parlava in termini leggendari, una sorta di Sacro Graal irrecuperabile dato che negli anni della crisi l’etichetta aveva dovuto ridurre i costi di magazzino perdendo molto materiale che oggi si potrebbe rivelare inestimabile.
Una session negli studi Van Gelder era stata comunque, fortunosamente incastrata fra gli impegni al Birdland e le registrazioni con Johnny Hartmann. Both Directions at Once: The Lost Album è il titolo con cui il figliol prodigo farà la sua comparsa ufficiale, in mezzo a fratelli rispettati ( Giant Steps, Blue Train) e più o meno incompresi ( il torrenziale Ascension, l’ineffabile Stellar Regions) . I nastri sono rimasti intatti per cinquantaquattro anni fino a che la Impulse! prese contatti con la famiglia di Coltrane per dare ai posteri l’album perduto.
In questo album ci sono due original completamente sconosciuti e mai ascoltati prima. Untitled Original 11383 e Untitled Original 11386, entrambi suonati con il sassofono soprano. Oltre ai due originali inediti, troviamo One Up, One Down – pubblicato in precedenza solo su una registrazione pirata live presso il Birdland, che qui possiamo ascoltare per la prima volta nella registrazione in studio.
Tra le altre rarità, una registrazione pianoless di Impressions. Questa sessione in studio produsse anche la prima registrazione di Coltrane di Nature Boy, che avrebbe poi registrato nel 1965: le due versioni differiscono notevolmente. L’altra composizione non originale dell’album è Vilia, tratta dall’operetta di Franz Lehár La vedova allegra.
Ascoltando l’inedito 11383, possiamo percepire l’atmosfera che verrà poi sublimata in A Love supreme. Frasi ripetute del sax che poi collassano in rapidi e lirici fraseggi, mentre i tocchi impressionistici di McCoy Tyner trovano il loro contrappunto nelle ritmiche di Elvin Jones, un miracoloso equilibrio di dinamismo e dinamiche.
“Nel 1963, i musicisti del quartetto di mio padre stavano raggiungendo l’apice delle loro capacità musicali – ha chiosato il sassofonista Ravi Coltrane, il figlio di John che ha partecipato alla pubblicazione dell’inedito “In questo disco, sentirete che John aveva un piede nel passato e un piede pronto verso il futuro.” E in effetti l’opera di John Coltrane sembra davvero costellata di “passi da gigante” se non di vere e proprie trasformazioni. Lo studio delle musiche africane ed i raga indiani, la spiritualità cosmogonica dell’abbraccio del divino per superare la coscienza individuale e unirsi al Tutto, in pochi anni portarono il sassofonista a seguire un percorso che i suoi stessi compagni faticavano a comprendere.
Non resta ora che capire, con la dotta ignoranza del biografo, quali fili siano da annodare e quali vedere come fili pendenti nella vita musicale del genio coltraneiniano. Esiste davvero un percorso, una crescita? O si tratta di momenti di presenza in cui la tecnica e la conoscenza acquisite superano i loro limiti e danno origine al capolavoro? Se i lavori dell’ultimo periodo di Coltrane rasentavano – nelle parole dei suoi musicisti – la poesia, possiamo davvero vedere una cesura nel percorso musicale del nostro? Difficile evitare di ricorrere a termini della mistica e della meditazione. Difficile non vedere “l’infinitamente grande nell’infinitamente piccolo” francescani, laddove potremmo parlare di frattali ( non ca caso titolo di una delle ultime composizioni dell’olimpo di Coltrane.