Le parole, tutte, mi sembrano irrispettose.
Il Dolore non si descrive, non si canta, non si analizza. Il Dolore non ci appartiene, se non di riflesso. E il riflesso non è il Dolore, che è intimo, solitario, di chi ci affoga dentro.
Ed è per questo che chiedo scusa se ancora scrivo, al sicuro, sotto il mio caldo plaid, lontano da tutto.
Ma le parole, le parole scritte sono quello che ancora mi tiene inchiodata alla terra.
Dalle mie parti si dice che chi sta per andarsene, dal letto di morte, cerca disperatamente di poggiare di nuovo i piedi a terra, letteralmente intendo. Cerca, con quel gesto, di salutare per sempre la vita. Un ultimo contatto. L’addio.
Le parole scritte mi tengono ben salda, non oso sollevarli i piedi. Resto in piedi non per un addio, ma per non pensare nemmeno di poterlo dare. Se scrivo non è per cantare o per fare poesia, non è per la noia dei pomeriggi troppo lunghi o per cinica empatia.
Scrivo per me, per restare ancora qui. Se alzo i piedi sono perduta.
I piedi a terra – Simona Visciglia