A vederla dall’esterno, la vita di Giampaolo Rugarli appare una qualunque, intrisa di abitudinarietà contrapposta ad occasionali fughe verso i limiti, sormontati come solo riesce ad un adolescente nel pieno della sua esplosione emotiva. Eppure qualcosa si muove, verrebbe da aggiungere una volta conosciuta la sua storia in ogni minimo dettaglio — per quanto ci è consentito conoscere. Giampaolo Rugarli è stata una delle figure della letteratura italiana che più ha saputo meravigliare con le sue opere. Impiegato presso un’importante banca lombarda, trascorre gli anni del suo impiego da direttore nella filiale romana. Oltre al suo lavoro in banca ha diretto la Rivista Milanese di Economia, pagine queste che hanno ospitato i contributi di gran parte degli economisti italiani successivi agli anni del boom economico. Insomma, una biografia di tutto rispetto la sua, ma che poco sembra avere a che fare con la realtà letteraria del nostro paese. Invece Rugarli fu uno degli autori più tradotti all’estero, uno scrittore “lento” che ha atteso gli anni della pensione — arrivata nel 1985 — per dare alle stampe il suo primo romanzo.
Due settimane fa sono incappato in una di quelle offerte imperdibili che ti propongono le grandi librerie di catena. Tra le copie rimaste invendute, e abbandonate nei magazzini, spiccava Il punto di vista del mostro, una raccolta di racconti pubblicata nel 2000 da Marsilio. Incuriosito, non mi sono lasciato distrarre dalla cover di Purity di Jonathan Franzen che lampeggiava con un Prenota Ora quasi minaccioso sulla destra del desktop, ho preferito ordinare la raccolta di Rugarli che tanto mi allettava.
I nove ra
cconti si susseguono con estrema cautela. Il linguaggio, la scrittura e i dettagli elencati in ogni singola pagina ti portano direttamente in un tempo quasi sconosciuto, seppure da sempre abusato. Sono gli anni pre e post secondo conflitto bellico, e i personaggi si trovano perfettamente a loro agio nelle trame architettate. Le storie di Il
punto di vista del mostro narrano delle perversioni di cui si nutre l’essere umano, scuotendo con forza il velo che sovrasta l’infinita schiera di tabù di cui siamo avvolti da secoli. Le parole di Rugarli si incastrano come lego, decretando uno stile grottesco abbastanza inusuale per i nostri tempi. La sua letteratura è quella tipica che dà ancora del lei a personaggi che, come i due protagonisti di Pornoracconto, condividono la loro vita lavorativa e non da oltre cinquant’anni. Nella maggior parte di questi racconti troviamo giovani e vecchi banchieri che poco hanno a che fare con il loro lavoro. Si nutrono di sogni, aspirando alla realizzazione di essi senza un briciolo di ripensamento. La frustrazione avanza imperterrita senza compromettere il viaggio narrativo che nelle pagine si compie.
In Scopertamente, altro racconto contenuto nella raccolta, c’è spazio anche per una sottilissima quanto impercettibile critica al partito socialista italiano degli anni ’50. L’esibizionismo del compagno protagonista non si disperde come vorrebbe il resto della sezione, ma si esprime in una forma diretta senza mai svelare il volto dell’autore. Egli cerca di sorprendere le sue “vittime” nella speranza di trovare qualcuno che finalmente riesca a rispondere alla sua offerta. Una libertà sofferta che cerca in tutti i modi un complice pur di provare sulla propria pelle la gioia della condivisione. Un complice che nel finale verrà fuori proprio da quella sezione di partito, vestito dei panni di chi mai si sospetterebbe e con una inaspettata voglia di contraccambiare il desiderio stesso. Pur di destabilizzare l’opinione perbenista, Rugarli riesce benissimo nel suo intento di giocare con il non detto. Nel racconto Sadismo, ad esempio, crea una serie di circostanze che mettono il protagonista di spalle al muro, portando a galla i desideri reconditi di un uomo ormai schiavo della sua stessa erudizione divenuta negli anni una forma di estrema diffidenza per tutto quello che compone la vita.
Il punto di vista del mostro uscì per la prima volta nel 1989 per Mondadori. Rugarli era nel pieno del suo successo. Di lì a qualche anno avrebbe vinto diversi premi e riconoscimenti che poco hanno a che fare con la realtà della sua enorme produzione. Con il suo romanzo Andromeda e la notte fu anche uno dei finalisti al premio Strega del 1990. Un uomo che riuscì a stravolgere i canoni della sua stessa vita, portando in auge la sua scrittura come meglio poteva fare. Il suo nome si affianca a quelli degli intellettuali italiani che si sono sempre contraddistinti per il loro spiccato senso critico. In questa raccolta dimenticata, come il resto delle sue opere, emerge un mondo grottesco animato da tutto quello che Rugarli amava sviscerare fino all’osso. La meraviglia sta proprio in questa sua capacità di riuscire a trasmettere la delusione attraverso una scrittura che raggira il lettore fino a condurlo sulla via dell’inusuale. Creare una comunicazione per poi interromperla con un gesto rivoltoso, smascherando la finzione a beneficio della realtà.
Foto di copertina: Giampaolo Rugarli con Dario Bellezza e Dante Maffa