[Una recensione in forma di lettera]
“Da tutta la vita cerchi un sorso d’acqua pulita, un raggio di sole. Anche dov’è buio. Finora l’hai trovato sempre. Semplicemente perché c’è. Anche nei luoghi in cui sembra impossibile intravederlo. Più è buio, più bisogna immaginare la luce. Per questo gli inquieti, i malandati, i ciechi, gli storpi e i malati di solitudine sono da sempre i tuoi eroi. Perché quando incrociano la luce esprimono una forza tale da seppellirci tutti. Come la famosa risata del buon tempo andato”
***
Caro Michele,
per recensire il tuo libro ho abbandonato il caldo tepore di casa e mi sono immersa nel caos cittadino. Ti scrivo al tavolo di un bar in pieno centro, è sabato mattina, è quasi Natale. La città sa già di festa e brulica di turisti che vagano alla ricerca dell’angolo perfetto da immortalare nei loro selfie, gioiosi d’aver trovato un luogo pieno di storia da toccare e cose buone da mangiare. Io, circondata dal vociare grasso del popolo mio, apro il taccuino e inizio a scriverti.
È qui che la tua storia sulla solitudine si fa viva, le tue parole prendono il volo e si caricano di significato, lottano con il mondo per farsi ascoltare, ma ci sono io ad ascoltarle e le faccio un po’ mie per cercare quel filo di luce nel buio che mi circonda.
Fa breccia il tuo pensiero che si insinua dolcemente tra i miei e leggendoti sembra facile poter vivere in solitudine pur stando abbracciati agli altri e alla vita. Ma vivere in solitudine non è da tutti e, soprattutto, non è per tutti, tu lo dici chiaro. Il problema non sono gli altri, il problema è capire sé stessi. Essere pronti a rinunciare per iniziare una lunga e paziente ricerca, costruire giorno dopo giorno un piccolo mondo. Ma in questo piccolo mondo “occorre imporsi regole precise, rispettarle, dargli motivazione e senso per poter vivere in solitudine” altrimenti diventa soltanto un modo banale per sfuggire dagli affetti e da te stesso.
La tua esperienza è profonda e si avverte quanta sofferenza hai dovuto affrontare prima di trovare la tua via. “Ma soprattutto la solitudine bisogna conquistarla, essere disposti a pagarla, amarla. Trovare il coraggio di stare in equilibrio su un abisso, su quel vuoto dove puoi precipitare in ogni attimo e finire laggiù, nel mondo dei soli, nel cuore più profondo dell’inferno. È un cammino su una fune, verso una vita che tu avverti più ricca, più autentica, per la quale vale la pena di spendersi, ma dove ogni passo va fatto con sorriso e consapevolezza. Se non sorridi non fa per te.”
Quello che racconti è pacato, lucido e intimo. Accogli il lettore e lo abbracci. E io l’ho sentito il tuo abbraccio fraterno e la tua voce bisbigliare di “ vedere la solitudine non come una nemica da combattere, ma come una coperta capace di proteggerci dal gelo dell’indifferenza. […] La solitudine, a volte, serve anche a salvarsi la vita”.
A molti sembrerà folle ciò che hai scritto, altri non ti crederanno. Ma a riempire gli armadi son bravi tutti è a svuotarli che ci vuole coraggio. Liberarsi del superfluo per viaggiare leggeri.
“Pensi che ognuno debba trovare la propria strada e possa trovarla da solo. Proprio per questo stare appartati, acquattati, in silenzio, in disparte, aiuta a riflettere, a capire dove si vuole andare. Dove il tuo tempo chiama, qual è la tua inclinazione, il tuo desiderio, il motivo per cui stai al mondo”
E com’è difficile trovare la propria strada, avere il coraggio di stare in disparte per capire qual è la via giusta da seguire. Io ci sto provando, il viaggio pare tortuoso e la strada è tutta in salita. Devo mettere le scarpe giuste e indossare maglioni pesanti perché l’inverno è lungo. Da qualche parte davanti a me so che c’è una vetta da scalare, non la vedo eppure è lì che mi aspetta.
Napoli, 1 dicembre 2018
***
“La vita è preziosa quanto avara. Meravigliosa e ingiusta”
©MimmaRapicano_2018
La foto di Michele Marziani è di Davide Dutto
IL SUONO DELLA SOLITUDINE – Michele Marziani Ediciclo Editore 2018