«Ti farò un indovinello. Stai aspettando un treno, un treno che ti porterà molto lontano. Sai dove speri che questo treno ti porti, ma non puoi averne la certezza. E non ha importanza. Come può non avere importanza dove ti porterà quel treno?»
Christopher Nolan, regista e sceneggiatore britannico, è conosciuto globalmente grazie ai suoi film intricati e mai banali, che obbligano il pubblico a seguire attivamente una complessa rete di vicende.
Attraverso trame non lineari, diversi livelli di racconto e con l’ausilio di effetti speciali mozzafiato, riesce a creare nuovi universi dove ogni legge fisica o temporale viene distrutta, dilatata e compressa, e dove l’anima e la psicologia vengono messe a nudo e analizzate.
Che si trovino sull’orlo di un buco nero o intrappolati in uno spazio onirico alimentato solamente dal subconscio, i personaggi plasmati da Nolan mantengono sempre un tratto estremamente umano: a prescindere dalla complessità della loro situazione, ciò che resta indispensabile è l’amore, che sfonda le barriere imposte dal tempo, dallo spazio e dalla stessa mente umana.
Uno dei lungometraggi di maggior successo del regista inglese è Inception, uscito nelle sale nel 2010. Un film di spionaggio onirico, a cavallo tra il sogno e la realtà. Leonardo DiCaprio interpreta il protagonista, Dom Cobb, un abile ladro di idee e segreti: questi vengono estratti dal profondo del subconscio delle sue “vittime” proprio durante i sogni, quando esso è più vulnerabile.
Sotto richiesta di un potente uomo d’affari, Cobb e il suo team devono riuscire a impiantare un’idea nel subconscio di un suo concorrente nel mondo dell’economia, attraverso tre livelli di sogni e un piano d’azione dettato da severe regole. La ricompensa, per Cobb, è un permesso per poter superare il confine americano e rivedere i suoi figli, da cui era stato allontanato poiché accusato dell’omicidio della moglie.
Il paradosso del sogno di Inception è la sua malleabilitá, che si scontra con l’incontrollabilitá del subconscio e degli scheletri che ognuno nasconde negli antri più bui della propria mente. Durante i sogni siamo padroni e schiavi; possiamo costruire città, trasformarci e infrangere ogni legge, ma allo stesso tempo tutto ciò che tentiamo di reprimere viene alla luce, rendendoci sconosciuto il nostro stesso campo di battaglia e distruggendo tutto ciò che di stabile abbiamo creato.
Il fascino dell’ignoto e dell’incomprensibile, peró, è forte, e per questo motivo Nolan ha ideato uno spazio onirico grezzo che prende il nome di Limbo: un mondo dentro al subconscio, uno spazio in cui chi si avventura troppo a fondo nei meandri della mente, resta bloccato.
Gente che ha smesso di credere nella realtà e che si rifugia in un universo ostile e immaginario, dove l’unico modo per tornare in sé è uccidersi: un atto audace, folle per qualcuno che ha reso la sua vita un sogno da cui non si vuole svegliare. Tutto ciò che rimane è la speranza di svegliarsi mista all’impossibilità di lasciarsi andare.
«Ti farò un indovinello. Stai aspettando un treno, un treno che ti porterà molto lontano. Sai dove speri che questo treno ti porti, ma non puoi averne la certezza. E non ha importanza. Come può non avere importanza dove ti porterà quel treno? Perché saremo insieme».
Inception è un film volutamente ambiguo e difficile da leggere; nonostante ci siano varie teorie per decifrarlo, nessuna di queste è esaustiva: c’è sempre un tassello mancante. Ma cosa vuole dirci, Nolan, attraverso questo labirinto di sogni?
Vuole dirci di sognare, ma soprattutto di vivere e di non perderci in realtà fittizie. Ciò che cercheremmo lì sarebbe ciò che abbiamo amato nella nostra quotidianità, cioè la nostra realtà.
Il finale del film è molto discusso. Al pubblico non è dato sapere se Cobb riesce a tornare a casa dai suoi figli o se resta intrappolato nel Limbo. La clip della trottola, che indicherebbe lo stato di realtà o di sogno, viene interrotta prima che ci venga consegnato il verdetto finale. Ma come mai?
Cobb ha ritrovato la sua realtà, e davanti all’amore, il sogno e la realtà si dissolvono per lui. Mentre noi spettatori restiamo sulle spine, il suo viaggio attraverso lo spazio onirico si è concluso grazie al suo forte desiderio di tornare alla quotidianità. Il treno di Cobb è arrivato a destinazione; non ci è dato sapere dove, ma non importa, poiché sarà insieme ai suoi figli.
Nolan si spiega:
“In generale, in questi discorsi, si dice sempre «Inseguite i vostri sogni». Io non ve lo dirò, perché non ci credo. Inseguite, piuttosto, la vostra realtà. Nel tempo si è deciso che la realtà sia il parente povero dei nostri sogni. E io invece voglio dire che i sogni, le nostre realtà virtuali, le astrazioni di cui ci si innamora e in cui ci si crogiola, sono dei sottogruppi della realtà. Alla fine del film, Cobb, cioè Di Caprio, si ritrova con i suoi figli – almeno nella sua realtà soggettiva. Ma non si riesce a sapere se si tratta della realtà oggettiva o meno. E tutti quelli che incontro me lo chiedono, ed è significativo: tutti vogliono sapere se è nella realtà perché, alla fine, è la realtà che conta. È quella che importa davvero”.