L’ultima volta che ho visto mia madre è stato sabato 7 marzo. Sono scesa dalla macchina e le ho detto che forse sarebbe stato meglio se mi fossi fatta di nuovo i 322km che ci separano. Avevo appena sentito alla radio la prima bozza del decreto che avrebbe cambiato tutto.
Mi ha convinta a ripartire il giorno dopo.
Ci siamo abbracciate di nascosto, come in un romanzo distopico, e non so quando la rivedrò.
Ho 37 anni ma avevo bisogno di mia madre, più che mai.
La mia relazione si è conclusa dopo dieci bellissimi anni, due mesi fa, e lei con un semplice: passa di qui era riuscita in una magia.
Ce l’ho fatta a prendermi il suo abbraccio che, a conti fatti, vale più di tutto il resto.
Il destino, poi, che ha un gran senso dell’umorismo, ha messo in quarantena me e lui, sotto lo stesso tetto. Sotto lo stesso cielo.
L’ultima volta che ho visto mio padre è stato il 21 ottobre del 2019. Sono scesa dalla macchina, abbracciato mia madre, cercato risposte in mio fratello e attraversato la strada che mi divideva dalla sua foto e dal suo manifesto funebre.
Mio padre è morto a 69 anni, quasi sei mesi fa e, per la prima volta, in questi giorni mi sono trovata a pensare, con una forza sempre più violenta, che ne sono felice, perché per lui sarebbe stato devastante vivere questa nuova vita. Un’ulteriore nuova vita. La sua vita originale, quella dell’uomo indipendente, del padre meraviglioso, del compagno di una vita è finita in una notte del gennaio 2015, quando un ictus ha deciso di farlo uscire dal suo letto e non farlo tornare più a casa. Un inceppamento del sistema l’ha lasciato in carrozzella e gli ha regalato una nuova realtà in casa di riposo, e una nuova vita con un deficit dell’attenzione che negli anni è diventato quasi comico.
Mi manca.
In questi mesi, ho pianto in macchina, la sera, tornando dal lavoro. Da sola, come se quello potesse essere un angolo solo per me e lui.
Ma sono felice che non sia qui, perché il suo isolamento sarebbe stato più devastante del mio. Perché la sua vita era scandita dalle visite quotidiane di mia madre, da piccoli riti solo loro la cui assenza gli avrebbe tolto tutto. Anche la dignità.
Sono felice che non sia qui, che se ne sia andato prima che il mondo cambiasse e ci confinasse, come in uno dei tanti romanzi di Stephen King che amavamo leggere.
L’ultima volta che ho visto i miei genitori è stato qualche mese fa.
Uno so che non lo rivedrò. L’altro ha una camera degli ospiti pronta. Per lo meno nella mia testa.
Per fortuna al pensiero non hanno messo restrizioni.