La giungla d’asfalto di Arthur Fellig

di William Dollace

Bianco e Nero.
Nero come la cronaca e bianco come il lenzuolo che la ricopre.
La città è uno sconfinato ring di cemento senza corde, sopra il quale resistere fino all’alba.
I meno allenati gettano la spugna già a notte fonda: annegati negli alcolici, accoltellati da prostitute, crivellati dai colpi oppure appesi per il collo a lampioni, scalzi e cianotici.

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Il fascino e la violenza, nell’insensibilità alla luce rossa di camere oscure e motel ad ore, si mescolano agli agenti chimici in vaschette per lo sviluppo fotografico.
Nessun compromesso estetico o sfumatura di colore.
I corpi delle vittime vengono ripescati da pinzette professionali e lasciati appesi a sgocciolare, fermati da mollette di legno.
Lo stesso flash di un colpo di pistola in faccia. Successivamente, il bianco saturo inizia a trasformarsi nei contorni macabri di fotografie di sconosciuti congelati nella loro ultima plastica resistenza alla morte.

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Vite inermi, nel loro perpetuo abbraccio con l’asfalto.
Nauseati dal cloroformio che li ha storditi e baciati dalla violenza che li ha sorpresi.

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Cibo confezionato in abiti da alta sartoria per cannibali metropoli che non dormono.
Nessun futuro da incorniciare, solo fotografie tempestive di quello che un tempo era l’ineluttabilità del presente ed oggi un nostalgico ricordo del compianto Arthur “Weegee” Fellig.

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Più veloce della polizia e meticolosa come un coroner, la sua pesante macchina fotografica ci spinge la testa sotto, tra le acque torbide della letteratura hard-boiled ed i corpi gonfi d’acqua del cinema noir.
La strada spogliata dal superfluo, ma vestita da un fatale fascino assassino, ci appare come la sosta intermedia tra la vita e l’obitorio.

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La fotografia di Fellig è una scena del crimine da indagare ossessivamente tra i vicoli ciechi della nostra memoria. Una passeggiata a ritroso, nell’ oscurità del movente.

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Lo scatto fotografico regala ai corpi quella dolcezza che presumibilmente non hanno mai conosciuto o voluto assaporare.
Individui strappati alla legalità già alla nascita ed allevati a suon di retate, ossa rotte e denti sputati sono ora animali notturni, caduti nel tentativo feroce di scalare la catena alimentare della criminalità.
Morsicati e masticati da predatori più affamati, dormono inconsapevoli sopra il loro duro cuscino di sangue rappreso.

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Non importa chi fossero.
I loro corpi ci hanno già detto tutto.

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