In Italia il racconto, inteso come genere letterario, ha qualche difficoltà a venir fuori dalle zone di penombra in cui risiede. Su di esso si sprecano sempre le solite parole: “non attira”, “è il risultato di uno sforzo minore dell’autore”, “è troppo sintetico”, “non mi piace la forma breve, la detesto”. Queste sono solo alcune delle frasi che si sentono dire — che compaiono sulle bacheche dei vari social network — in merito alla forma espressiva attraverso cui, ad esempio, Raymond Carver ha costruito la sua immensa opera — evitando di dimenticare l’altro suo mezzo, la poesia.
Oltre i confini del nostro mercato editoriale, il racconto trova sempre la strada spianata. Gli esempi statunitensi avvalorano questo dato che si cerca insistentemente di eguagliare — senza contare che è la lettura, intesa come intrattenimento, a navigare in cattive acque. Le raccolte invadono gli scaffali delle librerie per poi sistemarsi comodamente nelle case dei lettori. Se il periodo che stiamo attraversando è abitato da mutazioni di ogni genere, la cosa giusta da fare è non lasciarsi prendere dalla delusione e continuare a credere in quello che si porta avanti — gettando un’occhiata a destra e a manca.
Se le classifiche sono sature di titoli ad un soffio dal premio Strega e di opere del noto romanziere amico dell’amico dell’amico, l’uscita di New York stories (AA.VV., curata da Paolo Cognetti) fa tanto bene a questa realtà scarna quanto una brezza marina in pieno luglio. La raccolta pubblicata da Einaudi è solo l’ultimo tassello, in ordine di tempo, che mancava in questo 2015. Il resto dei pezzi che compongono il puzzle della narrativa breve è popolato da titoli di un certo spessore, titoli che hanno confermato la necessità di mostrare quanto sia nobile l’arte del racconto in un paese che ancora la snobba. Involontariamente si è messa su una flotta di raccolte pronte a chiedere a gran voce il giusto riconoscimento a quella fetta di lettori che non vedono il racconto come una forma letteraria esaustiva. Ancora una volta mi viene spontaneo citare il lavoro di Carver, sottolineando quanto nelle sue pagine sia rinchiuso il mondo intero nel giro di poche battute. La sua è una capacità magistrale, e su questo siamo tutti d’accordo — con buona pace di Gordon Lish.
Volendo presentare un piccolo quadro sulla situazione attuale del racconto in Italia, citando alcuni titoli usciti negli ultimi mesi non posso omettere il lavoro svolto da Minimun Fax. L’età della febbre curata da Alessandro Garzoia Christian Raimo, e Il silenzio del lottatore di Rossella Milone — ideatrice dell’osservatorio sul racconto Cattedrale — sono raccolte che in molti stanno tuttora adorando. Oltre alle pubblicazioni della casa editrice romana troviamo Quello che hai amato, curata da Violetta Bellocchio e pubblicata da UTET. La genesi di questa raccolta muove i primi passi dal blog Abbiamo le prove e si va ad aggiungere a tutta una serie di pubblicazioni che stanno scuotendo gran parte dei lettori. Infine troviamo Gli indolenti, una raccolta che vede il coinvolgimento di Alessio Viola, Nicola Manupelli, Claudio Marinaccio e Pasquale Braschi, pubblicata da Cicorivolta.
A quelli sopracitati possiamo affiancare Il paradiso degli animali di David J. Poissant, pubblicata da poco da NN Editore e tradotta da Gioia Guerzoni, e Rosa Shocking di Adam Levin per Edizioni Clichy, tradotta da Sara Reggiani. Sempre nel catalogo Black Coffee della casa editrice fiorentina troviamo Watchlist, raccolta di scrittori americani curata e tradotta da Sara Reggiani e Leonardo Taiuti, incentrata sul tema del controllo e delle sue sfumature. Nell’insieme emerge come risultato un’offerta editoriale di tutto rispetto. New York stories chiude fieramente il cerchio che si è formato sin dai primi mesi dell’anno, e che stringe attorno a sé la realtà odierna in cui è immersa il racconto.
In fin dei conti ci muoviamo per gusti. Prediligiamo questo libro invece di quello, e tutto procede per la propria strada. Si continuerà ad incontrare raccolte di racconti per caso e ad affezionarsi con la stessa rapidità della manifestazione di un fulmine ai nostri occhi. Ma creare l’ambiente giusto attraverso cui attrarre menti curiose di intraprendere nuovi percorsi, nuovi viaggi, nuove letture, è possibile? Come può il gusto di un lettore essere pilotato verso una scelta invece di un’altra? A discapito di tutte le teorie manageriali e di marketing editoriale, il peso esercitato da un autore ben preciso può causare una spropositata tendenza verso l’obiettivo da raggiungere. Spostare la visuale in un altra zona del campo e concedere uno spiraglio di luce a quel dettaglio rimasto nella penombra per tutto il tempo. Al buon editore spetta il compito arduo di avanzare la scommessa che si crede sia vincente e di concedere una giusta visibilità al trascurato. Almeno nel nostro paese, il racconto non vive a pieno la sua forza espressiva. Come la poesia, qualcosa lo tiene lontano dai riflettori, ed è la stessa cosa che ora lo sta riportando in auge — a quanto pare. Editori e scrittori hanno fuso il loro impegno, mostrando perfettamente di cosa si è capaci di realizzare quando si tira in ballo la forza della determinazione.