Se qualche tempo fa qualcuno mi avesse chiesto cosa fosse un senziente, con somma sorpresa, avrei detto di non conoscerne l’esistenza.
Si dice che l’essere senziente sia il principio fondamentale della conoscenza, alcuni sostengono invece che elementi come acqua e fuoco siano esseri senzienti perchè capaci di impersonare il senso del tatto, o ancora i Buddisti ritengono il senziente un essere formato di pura coscienza…potrei continuare ancora per un po’, rispolverando vecchi libri di filosofia, ma cos’è effettivamente che mi ha colpito di questo argomento, tanto da decidere di scriverne?
Il genio di due grandi cineasti: i fratelli Wachowski, noti ai più per essere i genitori di quel masterpiece che è “Matrix”, che hanno deciso di focalizzare le loro spiccate doti di seneggiatori in una serie tv, composta da 12 episodi e prodotta da Netflix, al secolo Sense8.
La penna di Lana&Andy scrive la storia di un gruppo di otto persone, o meglio senzienti, strettamente interconnessi tra di loro fisicamente ma ancor più sentimentalmente, seppur dislocati in angoli differenti del globo.
Veniamo messi di fronte alla superba poesia dei Wachowski, dal sapore fantascientifico e al contempo filosofico, che ci spiega come le anime di questi otto sconosciuti riescano a pulsare in un solo battito.
Gli otto individui sono in realtà esseri umani geneticamente modificati, ma in senso strettamente emotivo, infatti, questa condizione d’essere, li porta a vivere le proprie vite in maniera oltremodo amplificata.
Essi riescono addirittura a mescolare le proprie vite con quelle dei restanti membri della loro cerchia, in modo da supportarsi, traslando l’ologramma della propria anima o, per meglio dire alla maniera Wachowski, “facendo visita” al loro compagno di cerchia durante attimi che siano di terrore, angoscia o pura gioia, ma sempre carichi di sentimento.
I ritmi della storia non sono i classici dettati dalla televisione, ci sono infatti puntate scandite da tempi brevissimi, scontri violenti, dialoghi veloci, scene che cambiano luoghi e protagonista in pochi attimi, la tensione viene tenuta alle stelle. Poi ci ritroviamo ad essere spettatori di puntate dove è il sentimento che conduce il gioco, i dialoghi si ammorbidiscono, si allungano, diventando parte integrante della sceneggiatura.
Questa continua disarmonia di emozioni, fa sì che l’attenzione resti sempre alta, sempre incerti su quello che la puntata successiva ci riserverà.
I Wachowski ci regalano una serie capace di tormentarci ma allo stesso tempo calmare dubbi esistenziali, una serie che fa piangere e incazzare durante lo stesso episodio, una serie della quale vorremmo ci fossero puntate interminabili.
Infatti, scandito l’ultimo minuto dell’ultima puntata, la sottoscritta è rimasta in compagnia di quella classica sensazione di vuoto che solo una storia ben scritta è capace di regalarti.
Forse è proprio questo sentimento che mi ha spinto a scriverne, così che rimanesse indelebile.
Quindi, in attesa di nuovi sviluppi da parte dei fratelli “hoimparatoascrivereillorocognomegrazieaquestopost”, spero che questa lettura vi porti tra le braccia sognanti di Sense8.
A presto, Alina.