[Surreale. Senza parole grosse e punti esclamativi. Drammaticamente notturno]

[…] Racconterò la vera storia di una donna paranoica innamorata di una carriola che riveste successivamente tutti gli attributi della persona amata, il cui cadavere è stato a suo tempo trasportato su di essa. Finalmente, la carriola si reincarnerà e diventerà carne. Per questo il mio film si intitolerà La carriola di carne. Raffinati o no, tutti gli spettatori saranno obbligati a partecipare al mio delirio feticista, perchè si tratta di un caso rigorosamente vero che sarà narrato come nessun documentario saprebbe fare. […]

Salvador Dalì,

DIARIO DI UN GENIO.

Bisognerebbe avere quella tolleranza metodologia delle vecchie abbigliate di nero, per piegare i foulard notturni umidi di incubi con la forma delle macchie di Rorschach e la consistenza dei film di Terence Fisher.
Sospesa dentro le parabole e i lembi di una pompa di benzina. Le luci al neon rotte. Lampeggiano. Mi verrebbe da ridere anche adesso per il ricordo di uno di quei film di omicidi e cellophane.
Indosso nella mente una parola e poi un’altra.
[servirebbe un coro in lontananza o un déjà-vu, ma senza il bisogno di tedio. Una colonna sonora rigorosamente sulle ombre, per lasciare l’impronta del culo sul cofano della macchina aspettando il momento saporito].
L’odore della benzina mi squadra per traverso. Traduco i volti illuminati dai fari.
[servirebbe piegare di poco la mia testa trovare un nano rosso ballare impaziente fuori tempo con le mani sul terriccio unto, senza dado, senza acqua].
Poggiata, sulla vernice scrostata.
[qualche monogramma è andato perduto, trangugiato. Non importa. Non ho mai avuto fede nei vocaboli sulle pagine dei bigini. Le carte di credito, le tasse, lo smalto rimasto sulle unghie. Qualche puttana rossa accanto alla pietra miliare guarda con occhi da frombola]
Lego in un ricciolo il principio del naso, faccio cipiglio e rido dentro, tutto è già liberato. Dove finisce il furore, quando si libera sbadato? dove comincia esattamente il naso?
[servirebbe un pubblico guardone accovacciato sul prato. Mi seminerò in una stanza mestruata a osservare pastelli a olio marchiare cuori in recinti e bamboline  pornografiche. Bisognerebbe lasciare correre gli sportelli sbattuti, i piedi pestati e i barbagianni da sottobosco. Il mio bagaglio di chiavistelli e collere madide. Guarda, guarda, dietro la curva, un coniglio bianco!]
Sullo schermo del sorvegliante, si tratteggia un sorriso.
[servirebbe una narrazione breve. Un paltò, una tappezzeria simile a un divano, i piedi scalzi, tre stramberie, la lentezza ruffiana]. Lo scontrino nella tasca. Le noci nel sacchetto.

Cristina Rizzi Guelfi

© Cristina Rizzi Guelfi