Come la neve.
[di Andrea Vincent Lupino] Come la neve. Presi una bottiglia vuota dal pavimento e la scaraventai con forza contro uno di quei muri. Ed eccoli là. Frammenti di vetro. La mia mente. Avrei voluto raccogliere tutti quei pezzettini per poi stringerli forte tra le mie mani. Avrei voluto rotolarmici sopra, nudo, e ferirmi fino a dissanguarmi, volevo nutrire col sangue quel pavimento di legno che mi pareva così arido, così secco. Mi misi a piangere. Avrei dovuto fare qualcosa ma non sapevo cosa, avrei dovuto pulire, rispettare quel posto che mi aveva accolto solo un anno prima. Fino a quel momento avevo sempre amato Bruxelles, anche se pioveva fin troppo di frequente, ma ora era come se mi trovassi in un quadro strappato raffigurante una qualche apocalisse nucleare. Andai in bagno e iniziai a vomitare. E Sara aveva ragione. Avrei dovuto cambiare la puntina del mio giradischi. Ormai non le contavo nemmeno più le volte in cui me lo aveva ripetuto. Sara che era proprietaria della galleria d’arte a dieci minuti da casa …