Perché la fatina dei denti, nella realtà, è un bracconiere.
Le si vede sempre passare baldanzose e lambire gli orditi su tavolini marmorei, serrare gli usci delle sala di posa solo per il piacere di ascoltarsi o godere delle dita delle truccatrici preordinate a stagnare sudore e lucidità. In quei boudoir di facciata, abita una varietà inesauribile di irreali realtà. Il salotto è un pannello, gli scaffali hanno volumi finti, l’acquazzone alle finestre ha origine da una macchina, eppure, a volte, i capelli sono veri, creati solo per loro, veri come le mani delle sartine. Quelle che si angosciano sul serio per le allacciature non funzionanti. Gli autografi sono autentici: inchiostro su ricevute della spesa, inchiostro su fogli di quaderni strappati, sul retro di libretti di risparmio, inchiostro sulle mani. Ed esistono cose, dentro quegli studi, che sono sode e concrete più delle mensole dei truccatori, più essenziali dell’acqua gasata di marca. Esiste una realtà, magari riscaldata, che corrisponde ad una distorta idea di bello. Quella musichetta che inquadra il viso dei personaggi principali in aureole colorate, una canzoncina che agisce da sveglia per i …