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Luoghi in bianco e nero, di Luca Scarpa (EDITORIAL)

Luca Scarpa è uno dei fotografi che più stimiamo (la lista è abbastanza lunga). Abbiamo conosciuto lui e i suoi lavori attraverso Instagram, social network non solo popolato da primi piatti e gambe in riva al mare. I suoi scatti ripropongono la splendida aura di un’architettura ricca di sfumature sottili difficili da cogliere a prima vista. Gli edifici che si innalzano lungo le vie delle città europee consentono all’osservatore di rinascere nuovamente, questa volta con un sguardo critico rafforzato dalle emozioni che l’opera stessa trasmette. All’architettura, Luca affianca la fotografia ritrattistica, fonte continua di inestimabile bellezza. Con grande piacere abbiamo scelto di pubblicare questo suo editoriale curato esclusivamente per noi di Casa di Ringhiera. Luca Scarpa nasce a Milano, città dove vive e abita, si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano. Il suo lavoro di ricerca fotografica è incentrato sui luoghi, sul paesaggio urbano e sui dettagli che cerca nella vita di tutti i giorni. Scatta principalmente in analogico, alternando il medio formato al classico 35mm. L’architettura è solo un punto di partenza, il …

Giulia Bersani: 21–22

Usiamo le parole per raccontare qualcosa. Un incontro, un incidente, un istante. Le meningi si spremono ed ecco saltar fuori una storia forbita di nomi, verbi e tutto il resto degli ingredienti. Tutto segue il ritmo dettato dalla punteggiatura — sottintesa quando la narrazione è orale, incisa sulla pagina quando è scritta. Poco importa se l’oggetto del racconto sia vero o falso. Se l’attenzione è colta nel migliore dei modi allora possiamo anche spararla grossa senza destare alcun sospetto in chi ci ascolta. Raccontare qualcosa attraverso la fotografia è rischioso quanto lo è farlo attraverso le parole. La relativa difficoltà vive in entrambe le forme. Mostrare la superiorità di una rispetto all’altra non avrebbe alcun valore assoluto — senza contare che si potrebbe rimanere bloccati come in un vortice che non consente alcuna via d’uscita. L’atto narrativo tiene i fili che uniscono entrambi i mezzi, fino a rendere innocue le diversità tra le rispettive forme. Se la narrazione risulta ben riuscita, allora non ha affatto importanza se essa sia giunta tramite pellicola o tramite pagina. L’obiettivo ultimo è stato …