Mistress America: restare in piedi nonostante le sconfitte
Da quando è cominciata questa storia del binge-watching non guardo più film. È proprio il formato delle serie TV ad aver scavalcato il cinema. Prima di questa ossessione per le serie, di sera preferivo scegliere un film, uno qualsiasi. Mi capitavano sottomano i capolavori di Woody Allen, o l’ultimo film di Soderbergh, oppure un titolo qualunque del cinema indipendente francese. Non mi ponevo dei limiti perché di film belli era pieno il fantastico e illegale mondo dei torrent. Le serie TV mi avevano catapultata in una dimensione fatta di episodi più o meno brevi, e in aggiunta avevano il pregio di rappresentare mondi a sé. Poi un sabato, in mancanza di nuove stagioni che catturassero la mia attenzione — e complice la visione di un trailer che mi aveva attratta dopo un periodo di crisi con il cinema — mi sono imbattuta in Mistress America (2015), un film del regista Noah Baumbach, che racconta la storia di Tracy (Lola Kirke), una matricola appena approdata al college a New York, con la passione per la scrittura. L’eroina eponima però non è Tracy, …