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Ghosting

Ghosting

Avevo un’amica. Che mi ha lasciato a piedi. Così da un giorno all’altro, sparita. E no, non è morta. È viva e sta bene. Avere a che fare con il Ghosting nell’età del proprio tramonto fa quasi sorridere. Non essendo quelli della mia generazione nati nell’era digitale. Fa ridere, giuro. Vedere gli adulti alle prese con una pantomima (dei poveri) circa i loro figli. Ah, per chi non lo sapesse, il ghosting è l’equivalente del nostro sparire silenziosamente all’alba senza lasciare il numero di telefono al tizio/a con cui eravamo finiti a letto. Scherzo. Non è così, cioè non solo così.  Ha un senso più ampio, ghosting è diventare un fantasma nella vita degli altri. Sparire. Non rispondere più. Diventare invisibile. Morire tipo agli altri.  Certo, a parole è come una passeggiata. A parole, quasi tutto lo è.  Ma provateci voi a restare improvvisamente monchi di un amico di un’amica così, senza che vi venga portato via dalla morte. Non sto scherzando. Perché restare senza qualcuno a cui hai voluto bene fa schifissimo, no? Cioè …

Everyman: la morte di un uomo qualunque

La morte è uno di quei temi che rappresenta tutta la delicatezza davanti alla cui manifestazione non sappiamo reagire. Negli anni l’uomo ha creato diverse opportunità per porre rimedio alla fine ultima per antonomasia — l’arte e la religione in primis. Tendenzialmente siamo portati ad allontanare più che mai questo evento che, in un modo o nell’altro, ci colpirà. Prende vita una battaglia tra conscio e inconscio, tra fermezza e fuga oltre le mura della vita, mettendo a nudo — in alcuni casi — un certo egoismo che non smette di contraddistinguerci. Quel che importa è come fuorviare le menti dalla fine. Niente e nessuno potrà mai venirne fuori senza aver prima messo a repentaglio le ossa che sorreggono la materia mortale. Temiamo la decomposizione dei corpi prima ancora che delle menti. L’intera letteratura è satura di questo sentimento di disagio. La morte si affaccia, anche lì dove non sembra, e fa il suo gioco attraverso le paure che gli scrittori scelgono di raccontare. In un modo o nell’altro diventa l’ingrediente principale di una scatola che racchiude una storia, facendola divenire a …

Il “teschio messicano” ha un nome

Conoscere le origini di quello che volgarmente viene chiamato “teschio messicano” potrebbe cambiarvi la vita. Ok, siamo tutti d’accordo sul fatto che derivi dalla cultura messicana, e che ognuno è libero di pretenderlo/colorarlo come meglio vuole, ma ora cerchiamo di comprendere il suo vero nome. Tra le figure religiose messicane, impregnate di puro misticismo misto a sua volta a scontate pratiche di devozione cristiana, non troviamo solo la famosissima Santa Muerte — soggetto di numerose rappresentazioni letterarie e cinematografiche. Nel vasto panorama del folklore latinoamericano compare anche la Calaca. Negli ultimi periodi la cosa è stata anche sdoganata dal mondo del tatuaggio. Stiamo assistendo ad una vera invasione del famoso “teschio messicano”, ma non tutti sanno che il suo corrispettivo completo è proprio la Calaca. La Calaca è una rappresentazione fedele dello scheletro umano, addobbato con abiti che trasmettono un senso di felicità in un momento triste qual è quello della morte. Di solito tale figura rituale fa la sua comparsa il giorno della festa dei morti per celebrare la gioia intrinseca nell’accesso all’aldilà. Nonostante il suo aspetto sia legato …