Venti metri pt4: Il sogno
La risposta è stata sì. Semplice. Come in quel sogno in cui va sempre tutto bene, il cielo è sempre azzurro e i pompieri australiani sono sempre pronti per il calendario duemilaventi/duemila-tutte-le-volte-che-vuoi. Visto da quassù, il mio balcone sembra minuscolo. Non so come abbia fatto Miguel a fare centro con il suo aeroplanino. Fatto sta che la mia reclusione non è più così triste. È proprio vero come la compagnia di qualcuno, compagnia che abbiamo dato così per scontata, sia talmente indispensabile da dover essere per forza condivisa. È una sensazione che avverto nell’aria, come un profumo. Il suo: di lenzuola stropicciate e tango argentino. Oh, a proposito, Miguel è argentino. E sì, il suo cognome è proprio Luna. Pare sia piuttosto comune dalle sue parti. Come il cliché tanto sdoganato della passionalità degli uomini latini. A questo proposito, non vorrei scendere nei dettagli (anche se so che sono quelli la cosa più divertente). D’improvviso mi sento avvolgere da un paio di braccia. Senza voltarmi, perché so che è lui, gli appoggio la nuca sulla …