The Art of Banksy.
A VISUAL PROTEST
Dal 21 novembre 2018 sarà inaugurata al Mudec a Milano “The Art of Banksy. A VISUAL PROTEST”: mostra che, articolata in quattro sezioni con dipinti, sculture, stampe, fotografie e video, è stata ideata per creare una panoramica sul lavoro di Banksy, l’artista senza volto, cercando di fornire una chiave di lettura per quelli che di musei se ne intendono e di street art meno. “THE Art of BANKSY”, però, ha una peculiarità: come si può leggere sul sito del Mudec, infatti, la mostra non è ufficiale e non è autorizzata dall’artista inglese.
Già i puristi gridano allo scandalo.
Le diatribe tra street artists e sistema culturale non sono una novità. Sono passati solo un paio d’anni da quando Blu ha deciso di cancellare alcuni suoi pezzi dalla città di Bologna per protesta contro un’altra mostra: “Street Art. Banksy & co.” – per la quale diverse opere di street art furono staccate dai muri per essere ricollocate all’interno di Palazzo Pepoli. L’eliminazione dei pezzi di Blu non è avvenuta solamente per mano dello street artist, ma anche grazie all’aiuto di semplici cittadini. Questo gesto di protesta collettivo ha affermato maggiormente quello che viene considerato il valore fondamentale della street art: la libertà. Libertà di fruizione e di visione, senza nessuna negazione e vincolo, senza dovere necessariamente entrare in un museo e pagare un biglietto.
Data la mia formazione, per quanto io possa considerare sacrosanto il diritto di fruire della street art all’interno del suo contesto originale – ovvero la città – in maniera totalmente gratuita e libera, credo anche che, al raggiungimento di una certa fama, queste opere diventino un patrimonio artistico che vada in qualche modo conservato e reso accessibile davvero a tutti. Ogni artista ha il pieno diritto di decidere per i propri lavori ma purtroppo, troppo spesso, gli artisti delle loro opere si dimenticano fino a quando non percepiscono una minaccia esterna che li fa tornare violentemente a considerarle e a cercare di difenderle con le unghie e con i denti. E capita purtroppo che questa difesa porti a una completa distruzione dell’opera e di quello che ha rappresentato per il contesto cittadino in cui era stata inserita – come nel caso di Blu a Bologna.
La vera rivoluzione non risiede, a mio avviso, nel non autorizzare una mostra e nel gridare allo scandalo. La vera rivoluzione risiederebbe nella collaborazione e nel rispetto tra istituzioni e street artist, permettendo la conservazione di quelle opere che ormai sono pietre miliari per il movimento e la conseguente fruizione delle stesse per le generazioni a venire. Perché se è vero che il fruibile a tutti ha permesso di aggirare il concetto di spazio, discostandosi dal museo e andando ad abitare direttamente le mura della città, ancora non ha permesso di aggirare il concetto di tempo e di decadimento delle città stesse, degli edifici e, conseguenzialmente, delle opere che le abitano.
Il desiderio è quello di vederle perdurare nel tempo o di assegnare loro una “data di scadenza”?