Sono innumerevoli gli episodi in cui la menzogna si manifesta. Viene fuori tutto il suo potere, capace di decidere le sorti della realtà che ci circonda e falsarla all’ennesima potenza. Sulla menzogna si sono fondate intere generazioni di popoli avvolti da uno stato di perenne angoscia, fino a decretare la nascita di credi religiosi che oggi arrivano ad influenzare il mondo intero.
Rincorrere la menzogna è ormai una consuetudine. Per capirlo basta chiedere in giro il motivo per cui si compiono determinate azioni. Nella maggior parte dei casi la risposta sarà sempre la stessa: «perché è così che ci si comporta» oppure «perché è così che va fatto». Nessuno sarà in grado di argomentare sulle motivazioni che spingono una persona ad assumere atteggiamenti che tranquillamente possono essere messi in discussione di fronte alle più innocenti ovvietà di questi giorni. Ecco allora che il potere della menzogna si manifesta in tutto il suo splendore. Nasce dalla negazione per poi vivere in completa sicurezza nella verità apparente. Così la realtà assume vesti impossibili da decifrare ad occhio nudo, richiedendo a sua volta una certa capacità di analisi distaccata dal contesto quotidiano.
Nutrirsi di menzogne sembra non avere controindicazioni. Alcuni la professano pur di ottenere come risultato il fascino dell’essere felici nonostante tutto, lontano dai pericoli che quotidianamente si possono incontrare. Tenere gli occhi ben chiusi consente una certa sopravvivenza dinanzi a difficoltà cui è preferibile voltare le spalle invece di affrontale.
Ma alterare ciò che si crede — o si pensa — sia vero può rivelarsi una fortuna. Negare una verità assoluta è sempre positivo. Basti pensare alle parole di Karl Popper in merito al principio di falsificabilità della scienza: confutare una teoria scientifica può mostrare quanto essa sia fondata — quindi prossima alla crescita –, al contrario di quelle che “cadono sempre in piedi” — marxismo e psicoanalisi in testa.
In letteratura si commette spesso l’errore di affiancare il concetto di menzogna a quello di finzione. Anche se sembrano appartenere alla stessa famiglia, essi non godono di alcuna parentela. Fingere che qualcosa sia stato, che qualcosa sia accaduto, è il pane quotidiano dell’evento narrativo — almeno fino a qualche anno fa, prima dell’esplosione della nonfiction — del tutto contraria al negare qualcosa. Le due dimensioni corrono nella stessa corsia, una di fianco all’altra, ma non sono affatto identiche. Magari si fondono, dando vita a loro volta ad una commistione di generi. Ci sono romanzi come quelli pseudo storici, costruiti sulla negazione di un avvenimento, che oltre a servirsi della menzogna, ricorrono ai principi della finzione. A questo punto mi viene in mente il romanzo di Phlip K. Dick La svastica sul sole (Fanucci, traduzione di Maurizio Nati), in cui il nazismo vince la Seconda Guerra Mondiale e domina incontrastato l’intero mondo. In esso troviamo la negazione nella costruzione della trama, mentre la finzione nell’atto narrativo.
L’esatto opposto, ad esempio, avviene in Un sogno americano (Einaudi, traduzione di Ettore Capriolo) di Norman Mailer. Qui la finzione racchiusa tra le pagine del romanzo si basa su una grossa menzogna. Il protagonista, Stephen Rojack, strangola sua moglie Deborah e poi la lancia dalla finestra, facendo passare l’omicidio da lui commesso per un semplice suicidio. Ecco a voi la menzogna che fa da pilastro alla vicenda. Tralasciando i particolari che di lì a poco salteranno fuori durante la lettura, possiamo notare come l’intero romanzo sia un inno alla menzogna. Una menzogna che si mantiene in piedi a colpi di fortuna — il risultato dell’autopsia, l’auto con a bordo Eddie Ganucci e un poliziotto particolarmente permissivo — e di sfortuna — un suocero ricco ed esigente e l’agguato che porterà alla morte della sua amata Cherry.
Qui nessuno dice mai la verità. È impossibile. Persino le molecole dell’aria sono piene di bugie. (Un sogno americano, pag. 89)
A rileggere queste parole di Mailer, mi sorge spontaneo pormi la seguente domanda: si può vivere di menzogne, negando a destra e a manca? Be’, forse si forse no. Tutto dipende dal modo in cui ci si approccia alla realtà che ci circonda. Negare pur di auto-convincersi che qualcosa non sia mai accaduto. Il coraggio di affrontare i risvolti di un evento può venir meno, e allo stesso tempo si cerca di evadere per non sorreggere più il peso inaudito di ciò che non riusciamo a tenere sullo stomaco. La menzogna e la finzione si nutrono degli stessi disagi, ma reagiscono in modi del tutto diversi tra loro.
Vivian Maier — New York 1954